Misure alternativa all’estero, si può fare? (Cass. 15091/19)
L’esecuzione di una misura restrittiva di carattere penale, come l’affidamento in prova, comporta l’esercizio di poteri autoritativi per il controllo sull’osservanza delle prescrizioni imposte, sotto la vigilanza del magistrato di sorveglianza, e con informazione dell’autorità di pubblica sicurezza, poteri che non potrebbero essere esercitati al di fuori del territorio nazionale in mancanza di accordi con le autorità di altro Stato: può peraltro essere una misura alernativa sussunta sub art 2 (e) del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro
2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa
all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle
sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della
sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle
sanzioni sostitutive)?
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
(ud. 16/05/2018) 05-04-2019, n. 15091
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella – Presidente –
Dott. SARACENO Rosa Anna – rel. Consigliere –
Dott. CASA Filippo – Consigliere –
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere –
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.G. nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 12/04/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA ANNA SARACENO;
lette/sentite le conclusioni del PG. Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Romano Giulio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Catania ha concesso a L.G. la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione all’esecuzione della pena di mesi otto di reclusione, inflitta con sentenza del Tribunale di Catania in data 31.01.2014 per il reato di cui all’art. 646 c.p., subordinando il beneficio al rientro in Italia del condannato nel termine di un anno dalla notifica del provvedimento.
Il L., residente da tempo in Germania con il suo nucleo familiare e titolare di un regolare contratto di lavoro, si è presentato per consentire l’indagine sociale presso L’UEPE di Catania e ha espresso la volontà di eseguire la misura alternativa, eventualmente concedibile, nel luogo di residenza, richiesta ribadita dal suo difensore che ha invocato l’applicazione del D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro n. 2008/947/GAI del Consiglio Europeo, 27 novembre 2008, “relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive“.
1. A ragione, il Tribunale ha osservato che, nel caso in esame, non poteva trovare applicazione la richiamata disciplina, atteso che “non risulta che il reo si sia adoperato in alcun modo prima della definitività della sentenza di condanna per esprimere la propria intenzione di scontare la pena in altro paese dell’UE”.
2. Avverso l’indicato provvedimento propone ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del difensore, denunziando, con un motivo sostanzialmente unico, violazione di legge (in relazione al D.Lgs. n. 38 del 2016) e vizio di motivazione.
Afferma che, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale, le disposizioni di attuazione della decisione quadro non fanno menzione di un obbligo dell’interessato di manifestare prima della irrevocabilità della sentenza di condanna l’intenzione di scontare la pena in altro Stato membro dell’Unione.
L’art. 6 del D.Lgs. citato prevede, infatti, che sia il Pubblico ministero a disporre la trasmissione della sentenza o della decisione all’autorità competente dello Stato di esecuzione, ma, quand’anche si volesse ritenere, pur senza alcun fondamento normativo, la necessità di una preventiva richiesta dell’interessato nei termini indicati dal Tribunale, evidenzia che, nel caso in esame, siffatta comunicazione non era nè dovuta nè possibile, essendo la sentenza divenuta irrevocabile ben prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2016.
Motivi della decisione
Il ricorso appare fondato.
1. La questione relativa alla possibilità di accordare che l’esecuzione penale di una condanna a pena detentiva, quando il condannato sia stato ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, possa svolgersi stabilmente e in via continuativa non all’interno del territorio nazionale ma in un paese estero, è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte che, come ha rammentato il Procuratore generale nella sua requisitoria, ha escluso tassativamente tale possibilità, evidenziando come i centri di servizio sociale per adulti siano deputati a svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili da parte di uffici consolari (tra le molte: Sez. 1, n. 45585 del 24/11/2010, Scozzari, Rv. 249172 ed in senso conforme Sez. 7 n. 34747 dell’11/12/2014 – dep. 10/08/2015, Calanna, Rv. 264445; adde: Sez. 1, n. 18862 del 27/3/2007, Magnani, Rv. 237363; Sez. 1, n. 46022 del 29/10/2004, Bravo, Rv. 230160; Sez. 1, n. 3278 del 28/4/1999, Di Taranto, Rv. 213724; Sez. 1, n. 5895 del 26/10/1999, Ceruti, Rv. 215027).
Si è, difatti, osservato che, per quanto la formulazione testuale della norma di cui all’art. 47 ord. pen. non contenga la previsione della necessità che l’affidato in prova permanga nel territorio italiano, tuttavia l’esecuzione della misura alternativa deve necessariamente svolgersi nel territorio dello Stato, non essendo possibile, nell’ipotesi in cui il condannato risieda ed operi in territorio estero, alcun serio controllo da parte degli organi competenti in ordine alla puntuale osservanza delle prescrizioni imposte all’atto della concessione del beneficio penitenziario, alla corretta esecuzione della misura medesima e al suo progressivo reinserimento, da uomo libero, nel contesto sociale.
L’istituto penitenziario ha, infatti, una duplice funzione che è quella di condurre alla rieducazione del condannato ed al contempo di prevenire la commissione di altri reati (art. 47 cit., comma 2); art. 47 ord. pen., i commi 5 e 6 prevedono che all’affidato possano essere imposte prescrizioni limitative della libertà di stabilire la propria dimora e di soggiornare in un luogo piuttosto che in altro, di frequentare determinati locali, di svolgere determinate attività, così come di intrattenere rapporti con determinati soggetti.
Sicchè, se tale facoltà è accordata in riferimento all’imposizione di specifiche regole di condotta e di restrizioni alla libertà di movimento e di soggiorno nell’ambito del territorio nazionale, la medesima finalità che le giustifica risulta ancora più cogente in caso di permanenza all’estero, rispetto alla quale non possono costituire presidi sufficienti nè l’imposizione di forme di controllo con strumenti telematici o comunque diversi da quelli operabili dalle forze dell’ordine, nè dell’obbligo di presentazione a cadenze periodiche ai servizi sociali, ai quali in ogni caso sarebbe inibito di condurre di iniziativa o a richiesta dell’autorità giudiziaria verifiche in ambiti spaziali estranei alle proprie competenze (Sez. 1, n. 10788 del 19/02/2013, n. m.).
E il ruolo svolto dal servizio sociale per adulti è, per come delineato dalla normativa di riferimento, centrale nell’esecuzione della misura, ad esso spettando compiti di controllo e di assistenza dell’affidato (art. 47, comma 9), l’obbligo di riferire periodicamente (almeno con cadenza trimestrale ex art. 97, comma 9, regolamento di esecuzione) al magistrato di sorveglianza (art. 47, comma 10, ord. pen.), anche ai fini di un’eventuale modifica delle prescrizioni, l’attività di sostegno dovuto all’affidato nel corso del trattamento nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo (art. 118 reg. esec., comma 8)
1.1. E tale consolidato indirizzo esegetico ha ricevuto l’autorevole avallo del Giudice delle leggi – ordinanza n. 146 del 2001- chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 47 ord. pen., nella parte in cui non prevede che l’esecuzione della misura possa aver luogo anche nel territorio di altro Stato appartenente all’Unione Europea.
Nel dichiarare manifestamente infondata l’eccezione, la Corte ha riconosciuto non contrastante con la Costituzione la limitazione dell’esecuzione di misure penali nazionali nell’ambito territoriale dello Stato italiano, in assenza di pur auspicabili sviluppi della normativa comunitaria e degli accordi di cooperazione con altri Stati, evidenziando che l’esecuzione di una misura restrittiva, come l’affidamento in prova, comportante l’esercizio di poteri autoritativi per il controllo sull’osservanza delle prescrizioni imposte, implica poteri che non potrebbero essere esercitati al di fuori del territorio nazionale in mancanza di accordo con le autorità di altro Stato e che la possibilità di espiare le pene nel territorio di Stati diversi da quello che ha emesso la condanna, prevista da strumenti convenzionali internazionali, comporta l’esecuzione della stessa o di altra analoga misura ad opera delle autorità di altro Stato, che è cosa diversa dall’esecuzione di una misura penale, ad opera delle autorità italiane, sul territorio di altro Stato.
2. Il D.Lgs. n. 38 del 2016 ha dato attuazione alla decisione quadro n. 2008/947/Gai del Consiglio Europeo, 27 novembre 2008, volta ad estendere tra gli Sati dell’Unione il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie relative all’esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale, in vista della sorveglianza di misure di sospensione condizionale e di sanzioni sostitutive, così completando il quadro delle disposizioni che hanno dato attuazione al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie nei paesi dell’Unione, con riferimento alla disciplina del mandato di arresto Europeo e delle procedure di consegna tra Stati (L. 22 aprile 2005, n. 69); delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea (D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161); delle decisioni relative a misure alternative alla detenzione cautelare (D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 36).
2.1. Nel preambolo della decisione quadro (così come nella relazione illustrativa dello schema del decreto legislativo di adeguamento alla decisione) sono puntualmente esplicitati gli obiettivi perseguiti: lo scopo è quello di garantire l’esecuzione di sanzioni sostitutive e misure di sospensione condizionale nel luogo di residenza, di fatto o di elezione, favorendo, al contempo, non solo il rafforzamento della possibilità di reinserimento sociale della persona condannata, consentendole il mantenimento dei legami familiari, linguistici, culturali con il paese di abituale dimora dove è posto il suo centro di interessi, la sua attività lavorativa, il suo nucleo familiare, ma anche il superamento delle difficoltà di espletamento dell’attività di sorveglianza di obblighi e prescrizioni impartite dai singoli Stati membri, al fine di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e della collettività in generale (Considerando n. 8).
2.2. Oggetto di riconoscimento può essere una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale con la quale è applicata, in luogo di una pena detentiva o restrittiva, una sanzione che non esclude ma limita la libertà, mediante imposizioni di ordini o di prescrizioni e, nell’impossibilità di procedere ad una elencazione compiuta degli istituti interessati, sono stati individuati criteri generali che delimitano la categoria (l’art. 2, D.Lgs. replica le definizioni dell’art. 2 della decisione quadro), in essa rientrando istituti che importano: (a) una sospensione condizionale, concessa al momento della condanna, di una pena detentiva o di una misura restrittiva della libertà personale, con una corrispondente imposizione di obblighi e prescrizioni; (b) una condanna ad una pena condizionalmente differita con l’imposizione di uno o più obblighi e prescrizioni o in cui detti obblighi e prescrizioni siano disposti in luogo della pena detentiva o della misura restrittiva della libertà personale; (c) una sanzione sostitutiva, diversa da una pena detentiva, da una misura restrittiva della libertà, da una pena pecuniaria, che impone obblighi ed impartisce prescrizioni; (d) una liberazione condizionale, che prevede la liberazione anticipata di persona condannata, dopo che abbia scontato parte della pena detentiva, anche attraverso l’imposizione di obblighi e prescrizioni; tutte decisioni che rispondono alla condizione di una condanna a pena detentiva o restrittiva della libertà personale, sospesa, differita o sostituita con sottoposizione ad uno o più tra obblighi e prescrizioni, ovvero una sanzione che impone obblighi e impartisce prescrizioni.
Gli obblighi e prescrizioni che danno contenuto alla sanzione sono elencati nell’art. 4 del decreto e comprendono: l’obbligo di comunicare i cambiamenti di residenza o di posto di lavoro; il divieto di frequentare determinati locali, posti o zone del territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione; le restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato di esecuzione; le istruzioni riguardanti il comportamento, la residenza, l’istruzione e la formazione, le attività ricreative, o contenenti limitazioni o modalità di esercizio di un’attività professionale; l’obbligo di presentarsi nelle ore fissate presso una determinata autorità; l’obbligo di evitare contatti con determinate persone; l’obbligo di evitare contatti con determinati oggetti che sono stati usati o che potrebbero essere usati dalla persona condannata a fini di reato; l’obbligo di risarcire finanziariamente i danni causati dal reato; l’obbligo di svolgere un lavoro o una prestazione socialmente utile; l’obbligo di cooperare con un addetto alla sorveglianza della persona o con un rappresentante di un servizio sociale; l’obbligo di assoggettarsi a trattamento terapeutico o di disintossicazione.
2.3. 0ra, ricorrendo, da un lato, ai criteri generali che delineano la categoria degli istituti interessati e, dall’altro, agli obblighi e alle prescrizioni che possono importare, l’affidamento in prova, che si prospetta quale trattamento in libertà alternativo alla detenzione, pare assimilabile, al di là del dato letterale, a una “sanzione sostitutiva”, per come tale categoria è descritta dall’art. 2, lett. e), ossia una sanzione (misura) che impone obblighi e impartisce prescrizioni, implicando esso, per l’appunto, obblighi e prescrizioni del tutto compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4, e che costituiscono di norma il contenuto del trattamento alternativo, volti, da un lato, a incentivare la rieducazione e la risocializzazione del condannato – regole di condotta, rapporti con i servizi sociali, attività lavorativa, prescrizioni di solidarietà (art. 4, lett. d, i, l) – e, dall’altro, a neutralizzare fattori di recidiva (prescrizioni circa la dimora, la libertà di movimento, di svolgimento di attività, divieto di frequentazione di determinati soggetti che possono favorire l’occasione di commissione di altri reati, divieto di frequentazione di locali, divieto di detenere armi, obblighi di comunicazione: e art. 4, lett. a, b, c, e, f, g).
Sicchè, per come ne sono strutturati i contenuti, non vi sarebbero effettivi impedimenti alla sua esecuzione nel paese che aderisce alla decisione quadro, quando obblighi e prescrizioni imposti debbano essere adempiuti e osservati per un periodo di tempo non inferiore ai sei mesi (art. 6, comma 1), risultando superabili tutti gli argomenti addotti a sostegno della soluzione negativa: restando assicurato il controllo in ordine alla puntuale osservanza delle prescrizioni imposte e alla corretta esecuzione della misura, così come l’attività di sostegno e di assistenza del servizio sociale (art. 4, lett. l), restando garantito il reinserimento del condannato ed anzi implementato dal mantenimento dei legami familiari, dei rapporti sociali con la comunità del paese di abituale dimora, dell’attività lavorativa, delle occasioni di studio; nè essendo più di ostacolo l’esercizio di poteri autoritativi al di fuori del territorio nazionale, a ragione del trasferimento di competenza dell’attività di sorveglianza degli obblighi e delle prescrizioni impartite alle competenti autorità dello stato di esecuzione, salvo a riassumere l’esercizio del potere di sorveglianza nei casi previsti dall’art. 8, comma 2, tra cui è prevista la valutazione, ai fini della decisione da assumere, della durata e del grado di osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impartiti durante il periodo in cui la persona condannata è stata sorvegliata all’estero.
3. Tanto precisato, dalla lettura del provvedimento, emerge con chiarezza che la richiesta del condannato di eseguire la misura alternativa in Germania, ove risiede con il suo nucleo familiare e lavora, non è stata respinta dal Tribunale per avere ritenuto preclusa la possibilità di esecuzione all’estero del concesso affidamento, ma perchè l’interessato non avrebbe manifestato tempestivamente (prima dell’irrevocabilità della sentenza di condanna) la sua intenzione di scontare la pena nello Stato membro.
Tale affermazione non trova, però, nessun riscontro nel dato normativo evocato. Come giustamente osserva il ricorrente, l’art. 6 pone a carico del Pubblico ministero, quale promotore dell’esecuzione, l’iniziativa (che non esclude un’attività sollecitatoria dell’interessato) di trasmettere la sentenza o la decisione all’autorità competente dello Stato in cui la persona condannata ha la residenza legale o abituale, mentre la richiesta dell’interessato è prevista nel solo caso in cui la trasmissione sia disposta all’autorità competente di uno Stato membro diverso da quello di residenza legale o abituale, necessitando in tal caso anche il previo assenso dello Stato di elezione.
4. Alla luce delle superiori considerazioni il provvedimento impugnato, viziato da erronea interpretazione ed applicazione del dato normativo, deve essere annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Catania.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Catania.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2019