Il contratto di “viaggio e soggiorno organizzato”. Sua natura ed obblighi delle parti.
Responsabilità e risarcimento del danno
Indice:
- Premessa
- Intermediario ed organizzatore di viaggi
- Norme regolatrici
- Autonomia contrattuale
- Funzione e natura
- Obblighi, responsabilità e risarcimento del danno
- Forma, contenuto e prova del contratto
- Le modificazioni del rapporto contrattuale
- Obblighi assicurativi
- Il Fondo di Garanzia
- La prescrizione e la decadenza
- Gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie
- Premessa
L’attuazione della direttiva 13 giugno 1990, n. 90/314/CEE, ad opera del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111, oggi trasfusa negli artt. 83 ss. del codice del consumo, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ha indubbiamente apportato elementi di significato innovativo nella regolamentazione del rapporto contrattuale fra consumatore e produttore di viaggi e soggiorni organizzati. La scelta del legislatore interno (art. 24, legge delega 22-2-1994, n. 146, legge comunitaria 1993) di non denunciare la Convenzione di Bruxelles del 1970 sul contratto di viaggio (C.C.V.), ma anzi di garantirne un coordinamento con la direttiva 90/314/CEE, determina la coesistenza delle due discipline normative.
Va fin d’ora precisato che la regolamentazione comunitaria limita i suoi effetti al contratto di pacchetto turistico (nella nozione pur ampliata rispetto a quella di viaggio e soggiorno organizzato propria della C.C.V.), che costituisce soltanto uno dei segmenti delle attività svolte dagli agenti di viaggio. In pratica, quindi, la normativa uniforme e quella di diritto interno sono destinate a conservare i loro effetti oltre che ad integrazione della disciplina comunitaria, anche per i rapporti contrattuali che coinvolgono l’agente di viaggio per attività diverse dalla vendita di pacchetti turistici.
I profili pubblicistici della materia sono ora disciplinati dalla legge 29 marzo 2001, n. 135, di riforma della legislazione nazionale in materia di turismo, che affida al D.P.C.M. 13 settembre 2002 ad un D.P.C.M., da emanare entro tre mesi dall’entrata in vigore della nuova legge (5 maggio 2001), la definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. Per quanto maggiormente interessa, al decreto è rimessa tra l’altro l’individuazione di norme uniformi e standard minimi relativi ai servizi di informazione e di accoglienza ai turisti, alle strutture ricettive, alle imprese turistiche ed alle agenzie di viaggio in particolare, alle professioni turistiche, alla gestione di beni demaniali per finalità turistico-ricreative. La nuova disciplina ha abrogato è diretta ad abrogare per intero la legge 17 maggio 1983, n. 217, legge quadro per il turismo, le cui disposizioni, peraltro, cesseranno di operare al momento dell’entrata in vigore del nuovo decreto di delegificazione costituiscono ancora la base sulla quale sono state elaborate le leggi regionali in materia di turismo a tutt’oggi vigenti.
- Intermediario ed organizzatore di viaggi
La problematica giuridica connessa alla diffusione del fenomeno dei viaggi organizzati si basa sulla fondamentale distinzione tra organizzatore ed intermediario di viaggi. Alle due figure corrisponde un diverso tipo di servizio offerto all’utenza, cosicché le due autonome fattispecie contrattuali sottendono altrettante realtà economico-commerciali. Nel primo gruppo vanno comprese le agenzie che offrono un viaggio od un soggiorno integralmente predisposti nei suoi aspetti sia ideativi che operativi; nel secondo quelle che si limitano ad una mera funzione di intermediazione fra turista- passeggero e fornitore dei diversi servizi. Le due figure devono distinguersi sulla base dei caratteri propri e reali della natura del contratto, prescindendo dalla qualifica di mandatario o di agente normalmente attribuitasi nei volantini pubblicitari o nei documenti di viaggio dal tour operator.
Giova poi ricordare, a meri fini di completezza espositiva, che tradizionalmente l’esercizio dell’attività delle agenzie di viaggio nel duplice aspetto di organizzazione ed intermediazione, è assoggettato a rigorosi ed intensi controlli pubblici che si manifestano sia nella necessità del conseguimento di autorizzazione amministrativa, o regionale, da rilasciarsi previo accertamento di vari requisiti professionali nel richiedente e nel direttore tecnico, sia nell’imposizione al soggetto autorizzato di una serie predeterminata di obblighi e nella conseguente attribuzione alla pubblica Amministrazione di pregnanti compiti di indirizzo e controllo.
Le disposizioni di legge che disciplinano l’attività di agente di viaggi, sia nell’esercizio dell’attività di organizzazione che nello svolgimento delle funzioni di intermediazione di pacchetti turistici, avrebbero dovuto essere andranno coordinate con il D.P.C.M. attuativo della legge n. 135/2001 , di riforma della legislazione nazionale in materia di turismo, la cui emanazione è prevista entro tre mesi dall’entrata in vigore della nuova legge il quale, peraltro, si limita a rinviare alla legislazione regionale di riferimento ed a rimettere la ridefinizione della materia all’accordo tra le regioni.
Al regolamento di delegificazione è affidata, tra l’altro, l’individuazione di norme uniformi e standard minimi relativi alle agenzie di viaggio (art. 2, comma 4), con conseguente abrogazione delle corrispondenti norme della legge quadro per il turismo e così, in particolare, dell’art. 9 della legge n. 217/1983 (art. 11, comma 6), più volte qui di seguito richiamato.
Le agenzie di viaggio e turismo rientrano infatti a pieno titolo nella nuova definizione di “imprese turistiche”, intese come quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica (art. 7, comma 1), la cui individuazione tipologica è operata, in via meramente esemplificativa, rimessa al dal D.P.C.M. di attuazione ( art. 2, comma 4, lett. b ).
Come tali, sono saranno tenute all’iscrizione nel registro delle imprese di cui alla legge 29-12-1993, n. 580, nei termini e con le modalità stabilite dal D.P.R. 7-12-1995, n. 581 (art. 7, comma 3, della legge di riforma).
La distinzione fra organizzatore ed intermediario di viaggi è rimasta sostanzialmente inalterata anche alla luce dell’entrata in vigore della direttiva e delle definizioni date agli artt. 3 e 4, DLgs n. 111/95.
Le figure dell’organizzatore di viaggi e dell’intermediario-venditore contemplate da C.C.V., direttiva e decreto presentano, infatti, natura giuridica sostanzialmente analoga.
L’organizzatore di viaggi (tour operator) assume l’obbligo di procurare un insieme combinato di servizi turistici nell’ambito di un rapporto contrattuale configurabile come appalto di servizi. L’intermediario-venditore (travel agent) svolge, invece, un’attività economicamente qualificabile come intermediazione e giuridicamente riconducibile al tipo contrattuale mandato, più che a quello di vendita. Egli infatti si obbliga, non già ad una prestazione di facere, bensì al compimento di atti giuridici in nome e per conto del turista (ed eventualmente anche del tour operator), il più delle volte consistenti nella stipulazione del contratto di viaggio organizzato. Nel caso in cui agisca in nome proprio assumerà invece la veste giuridica di un mandatario senza rappresentanza.
L’assoggettamento dell’esercizio dell’attività di agenzia di viaggi a provvedimento autorizzatorio è poi stato confermato dall’attuazione della direttiva n. 82/470 CEE. Il D. Lgs n. 392 del 23-11-1991 all’art. 2 ribadisce infatti la necessità di conseguire l’autorizzazione di cui all’ art. 9 legge n. 217/83 anche da parte dei cittadini di altri Stati membri della Unione Europea che vogliano esercitare in territorio italiano le attività riservate agli agenti di viaggio.
Per quanto poi concerne le sanzioni per l’esercizio delle attività di agente di viaggio senza l’autorizzazione di cui sopra o comunque in violazione della stessa, occorre fare riferimento alla riforma attuata dal nostro legislatore con il D. Lgs n. 480 del 13-7-1994.
Nell’ambito di un più ampio processo di depenalizzazione una serie di violazioni fino ad ora sanzionate penalmente dal TU delle Leggi di Pubblica Sicurezza è stata ricondotta alla sfera dell’illecito amministrativo. Tra queste rientra anche l’esercizio dell’attività di agente di viaggio, senza l’autorizzazione amministrativa richiesta dalla legge n. 217/1983, sanzionata dall’art. 665 del codice penale e dall’ art. 115 t.u.l.p.s.
Sostanzialmente due sono le violazioni sanzionate:
- a) l’esercizio di una attività di organizzazione ed intermediazione turistica senza il possesso dell’autorizzazione richiesta dall’ art. 9 della Legge Quadro n. 217/83 per le Agenzie di Viaggio e Turismo (art. 3 – 17 bis n. 1 D. Lgs n. 480/94);
- b) la violazione, da parte di soggetto pur titolare della autorizzazione amministrativa richiesta, delle prescrizioni imposte dalla Pubblica Amministrazione (art. 3 – 17 bis n. 2 DLgs n. 480/94).
Le sanzioni pecuniarie sono le medesime: il pagamento di una somma di denaro da lire un milione a lire sei milioni. Diverso è però il provvedimento inibitorio comminato dalla Pubblica Amministrazione competente al rilascio dell’Autorizzazione (Regione o Provincia). Nell’ipotesi sub a) infatti verrà ordinata la cessazione dell’attività condotta in difetto di autorizzazione. Nell’ipotesi sub b) invece “la sospensione per un periodo non superiore a tre mesi dell’attività autorizzata” (art. 3-17 ter n. 3 D.Lgs. n. 480/94). Quest’ ultima sanzione può essere irrogata secondo quanto previsto dall’ art. 3-17 quater del decreto, anche nel caso di “inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall’Autorità nell’esercizio delle attività soggette ad autorizzazione”.
Vi può essere al riguardo un’ipotesi di condotta che viola al contempo gli artt. 17 bis e 17 quater da un lato ed una norma prevista dalla legislazione speciale in materia di Agenzie di Viaggio (Legge Quadro n. 217/83, leggi regionali etc.) dall’altro. Il problema di quale sanzione applicare dovrà essere risolto in base al fondamentale principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 24-11-1981. La sanzione amministrativa (di tipo pecuniario o di inibizione-sospensione dell’esercizio dell’attività) non è l’unica conseguenza per il cosiddetto abusivo. Il contravventore che non osservi l’ordine legalmente dato dalla Pubblica Amministrazione di cessare l’attività condotta in difetto di autorizzazione, o comunque di sospendere la medesima, sarà punito, ai sensi dell’art. 650 del Codice penale “con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire quattrocentomila”. Come è facile constatare quindi, la depenalizzazione di cui è stato oggetto l’art. 665 del Codice penale non ha affatto attenuato, e ben che meno eliminato, gli strumenti giuridici a disposizione della Categoria per reprimere l’abusivismo.
L’agente di viaggio abusivo infatti, che prima era soggetto alla sanzione penalmente prevista dalla contravvenzione di cui all’art. 665 del Codice penale, ora subirà l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di non indifferente entità, di competenza della Pubblica Amministrazione (Regione o Provincia) e non più dell’Autorità Giudiziaria. Se poi insisterà nell’esercizio dell’attività senza autorizzazione in violazione del provvedimento della Pubblica Amministrazione, commetterà il reato previsto dall’art. 650 del Codice penale. Va rilevato peraltro che le stesse sanzioni potranno essere applicate anche all’agente di viaggio regolarmente autorizzato ma che svolge attività in modo difforme da quanto previsto dalla legge o dalle prescrizioni della Pubblica Amministrazione.
- Norme regolatrici
Prima dell’entrata in vigore, il 4-10-1979, nel nostro ordinamento della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (C.C.V. predisposta dall’UNIDROIT ed approvata da conferenza diplomatica conclusasi a Bruxelles il 23-4-1970, ratificata e resa esecutiva con legge 27-12-1977, n. 1084) era discussa la individuazione delle fonti normative applicabili ai contratti di intermediazione ed organizzazione di viaggio. Merito rilevante della Convenzione è, così, stato quello di avere dettato una disciplina normativa compiuta ed articolata per le due fattispecie contrattuali, arricchendo l’ordinamento giuridico di un nuovo tipo legale di contratto corrispondente ad operazioni economico-sociali-commerciali la cui veste giuridica era da tempo dibattuta. Il Governo italiano, peraltro, all’atto di deposito dello strumento di ratifica, ha circoscritto la sfera di applicazione della CCV ai soli contratti di viaggio da eseguire totalmente o parzialmente in uno Stato diverso da quello “dove il contratto è stato stipulato o da dove il viaggiatore è partito”, avvalendosi della facoltà di apporre riserve riconosciute dall’art. 40, par. 1, lett. a) della Convenzione. Per contratti di viaggio nazionali e comunque per quelli non assoggettati al campo di applicazione della CCV, si dovrà applicare la disciplina corrispondente a quella della figura giuridica nel cui ambito si ritenga di poter inquadrare il fenomeno dei viaggi e soggiorni organizzati.
La regolamentazione del contratto di viaggio è ora completata dalle disposizioni del D.Lgs. n. 111/1995, di attuazione della direttiva 90/314/CEE, emanato in adempimento degli obblighi comunitari ed in esecuzione della delega conferita dall’art. 24 della legge n. 146/1994. Il nuovo regime giuridico del contratto di pacchetto turistico stabilito dal decreto, che viene in parte a sovrapporsi con la disciplina della C.C.V. ponendo rilevanti problemi di coordinamento, è entrato definitivamente in vigore il 15 ottobre 1995, dopo una vacatio legis di sei mesi (ex art. 22).
Il sistema normativo è stato da ultimo completato con l’emanazione del d.m. 23 luglio 1999, n.349 , recante norme per la gestione ed il funzionamento del Fondo nazionale di garanzia per il consumatore di pacchetto turistico, la cui istituzione era stata prevista dall’ art. 21 D.Lgs. n. 111/1995, ora modificato dall’ art. 15, comma 2, della legge 5-3-2001, n. 57.
Oltre alle norme sopra citate vanno segnalate le nuove leggi regionali nel frattempo emanate.
Legislazione regionale
Oltre alle norme supra citate vanno segnalate le nuove leggi regionali nel frattempo emanate, di cui si ritiene opportuno fornire un elenco:
Regione Abruzzo, legge regionale 12-01-1998, n. 1
Regione Basilicata, legge regionale 13-11-1989, n. 31; 29-3-1999, n. 8
Regione Calabria, legge regionale 10-4-1995, n. 13
Regione Campania, legge regionale 25-08-1987, n. 38 art. 2, lett. a)
Regione Emilia Romagna, legge regionale 27-07-1997, n. 23
Regione Friuli Venezia Giulia, legge regionale 24-12-1982, n. 90, e successive modifiche
Regione Lazio, legge regionale 27-01-2000, n. 10
Regione Liguria, legge regionale 24 -07-1997, n. 28, come modificata dalla legge regionale 5-11-1999, n. 33;
Regione Lombardia, legge regionale 16-09-1996, n. 27, come modificata dall’art. 2 comma 107 della legge regionale 5-01-2000, n. 1
Regione Marche, legge regionale 14-07-1997, n. 41, come modificata dall’art. 1 della legge regionale 13-05-1999, n. 19, e dalla legge regionale 14-2-2000, n. 8
Regione Piemonte, legge regionale 30-3-1988, n. 15
Regione Puglia, legge regionale 14-06- 1996, n. 8
Regione Sardegna, legge regionale 13-7-1988, n. 13
Regione Sicilia, legge regionale 6-05-1996, n. 27 art. 9
Regione Toscana, legge regionale 8-2-1994, n. 16; 23-3-2000, n. 42
Regione Umbria, legge regionale 16-02-1998, n. 5
Regione Veneto, legge regionale 30-12-1997, n. 44
Provincia Autonoma di Trento, legge provinciale 17-3-1988, n. 9
- Autonomia contrattuale
Molteplici sono i divieti normativi frapposti, in materia, alla facoltà delle parti di disciplinare autonomamente e liberamente i reciproci rapporti contrattuali.
In primo luogo va evidenziata la scelta del legislatore di diritto uniforme di imporre carattere ed efficacia di inderogabilità alla disciplina normativa dettata dalla CCV. Così la libertà contrattuale delle parti è limitata dalla previsione normativa della nullità delle clausole che, direttamente od indirettamente, deroghino alle norme della Convenzione in senso sfavorevole al viaggiatore (art. 31, CCV).
In particolare, il regime di ripartizione dei rischi del viaggio o soggiorno fra tour operator e viaggiatore, risulta in larga parte inderogabile, laddove la facoltà di regolamentare contrattualmente le prestazioni del produttore del servizio è, di fatto, drasticamente limitata alla fattispecie delle modifiche del rapporto rispetto alle originarie previsioni del contratto (sostituzione o recesso del viaggiatore, recesso dal contratto da parte dell’organizzatore, aumento del prezzo).
La direttiva 90/314/CEE considera espressamente inderogabili le sole previsioni normative dettate in tema di responsabilità dell’organizzatore e del venditore per l’esecuzione del contratto, e ciò sia sotto il profilo dell’an, che del quantum, con esclusione, a quest’ ultimo riguardo, del risarcimento per danni diversi da quelli corporali.
Null’altro stabilisce la direttiva riguardo alle residue disposizioni, che pertanto, in base al fondamentale principio del prevalente carattere dispositivo delle norme di diritto privato, dovrebbero considerarsi derogabili. Ciò anche perché l’attribuzione di un ipotetico carattere cogente non risulta dalla formulazione testuale delle norme, ma neppure emerge da altri elementi interpretativi idonei a riconoscere al legislatore comunitario l’intenzione di assegnarvi forza imperativa. In definitiva, quindi, la libertà delle parti di determinare il contenuto del contratto sembra compressa limitatamente alle regole di responsabilità per l’adempimento dell’obbligazione contrattuale, sia sotto il profilo dell’an che del quantum. Le altre disposizioni sono invece derogabili anche a favore dell’organizzatore o venditore. Di queste conclusioni non si può fare coerente applicazione anche al D.Lgs. n. 111/1995.
Le uniche disposizioni in cui è espressamente previsto il carattere inderogabile della normativa, infatti, sono rappresentate dagli artt. 15, terzo comma, e 16, secondo comma, nei quali appunto si è voluto espressamente sancire la nullità di deroghe contrattuali sui limiti di risarcimento per danni subiti dal consumatore, aventi o meno natura corporale. Implicitamente si potrà considerare inderogabile anche la normativa sull’an della responsabilità, se non altro per il principio della prevalenza della disciplina comunitaria su quella di diritto interno (cogente, è infatti, come già si è visto, il disposto di cui all’ art. 5.3 della direttiva). Ma da nessun altro elemento del decreto, non meno che della direttiva, è dato ricostruire la volontà del legislatore nel senso di prevedere un generalizzato carattere imperativo della disciplina sul contratto di viaggio e soggiorno organizzato.
- Funzione e natura
Come si è detto, fondamentale importanza assume la distinzione, elaborata da dottrina e giurisprudenza ancor prima dell’entrata in vigore della CCV, confermata da quest’ ultima Convenzione e recepita dalla stessa Direttiva CEE tra le figure dell’organizzatore di viaggi (organisateur de voyages; tour operator; travel organizer) e dell’intermediario in viaggi (intermè diaire de voyages; travel intermè diaire; travel agent); nonché tra le diverse fattispecie contrattuali che hanno ad oggetto lo svolgimento delle relative prestazioni economiche.
Funzione
– Contratto di intermediazione:
Viene definito dalla C.C.V. come il contratto mediante il quale un soggetto (intermediario) si obbliga a procurare ad un altro soggetto (viaggiatore), dietro pagamento di corrispettivo, un contratto di organizzazione di viaggio oppure uno dei servizi separati che permettono di effettuare un viaggio o un soggiorno qualsiasi (art. 1, n. 3).
– Contratto di organizzazione:
Consiste invece, secondo la C.C.V., nel contratto mediante il quale un soggetto (organizzatore) si obbliga, in nome proprio, a procurare ad un altro soggetto (viaggiatore), dietro pagamento di un corrispettivo globale, un insieme di prestazioni comprendenti il trasporto, il soggiorno separato dal trasporto o qualunque altro servizio che ad essi si riferisca (art. 1, n. 2).
Natura
– Contratto di intermediazione:
Il rapporto fra turista ed intermediario di viaggi viene tradizionalmente inquadrato nell’ambito del contratto di mandato, con o senza rappresentanza.
L’agente di viaggio, infatti, anziché assumere direttamente la gestione dei servizi richiesti dai clienti, si limita a svolgere un’attività di “cooperazione esterna” dal contenuto esclusivamente giuridico, dato che essa si esaurisce nel compito di stipulare per conto e (normalmente) in nome del turista una serie di contratti attinenti alla prestazione dei servizi indispensabili alla realizzazione del viaggio o vacanza. Nell’ambito quindi dello svolgimento di un’attività di mera intermediazione fra imprese di trasporto, albergatori, altri fornitori e la massa di coloro che fanno domanda dei relativi servizi, l’agenzia di viaggio assume la posizione contrattuale di mandataria retribuita. Ciò del resto è confermato, oltre che dalla natura dell’opera prestata (procurare un biglietto di viaggio, prenotare una camera d’albergo, riservare un posto a teatro ecc.), dal modo stesso in cui l’agenzia realizza l’utile per l’attività svolta: la differenza che essa possa realizzare fra il prezzo pattuito con il cliente e quello effettivamente corrisposto al fornitore del servizio, non rappresenta infatti (neppure se il costo integrale del viaggio sia stato pattuito a forfait) l’accollo di un’alea caratteristica del soggetto che assume il rischio di lucrare su di un determinato corrispettivo, bensì una normale forma di provvigione spettante al mandatario quale compenso per l’attività svolta.
– Contratto di organizzazione:
Nell’ipotesi in cui l’agenzia di viaggio non si limiti a svolgere una funzione di mero tramite fra utente e prestatore di servizi turistici, ma provveda sia ad ideare che a realizzare il viaggio, la configurazione della fattispecie nell’esclusivo ambito del mandato non appare più adeguata.
L’attività dell’organizzatore del viaggio non si esaurisce, infatti, nel compimento di singoli atti giuridici nell’interesse dell’utente, bensì riguarda un insieme più ampio ed articolato di prestazioni. Questi stipula i contratti tra turista ed impresa che effettua le prestazioni necessarie alla realizzazione del viaggio o soggiorno e li offre nel suo insieme quale risultato della propria attività: in sintesi promette al cliente il fatto dei vari fornitori di servizi. Un insieme così composito di obbligazioni a carico del tour operator, evidenzia inevitabilmente la varietà delle costruzioni proponibili per configurare giuridicamente il fenomeno dei viaggi e soggiorni organizzati e del negozio di cui essi formano oggetto.
In effetti sono finora state proposte diverse qualificazioni al riguardo: la tesi che, in base al criterio dell’assorbimento, vede nel trasporto l’elemento prevalente del rapporto contrattuale intercorrente fra agenzia di viaggio ed utente; la tesi della mediazione; l’inquadramento, nello schema della cessione dei contratti di trasporto, albergo ecc. dalla agenzia al cliente, del mandato; la configurazione come contratto misto a prestazioni corrispettive e l’individuazione del rapporto tra passeggero ed organizzatore come promessa del fatto del terzo inerente ad un mandato.
In realtà la configurazione che ormai si va consolidando nella più recente giurisprudenza, è quella favorevole a configurare il contratto in esame come locatio operis o più precisamente, espletandosi l’attività dell’agenzia in forma di impresa, come appalto di servizi.
Peraltro, la questione riveste oggi un’importanza marginale, in considerazione del fatto che il contratto di organizzazione di viaggi ed il contratto di intermediazione di viaggi trovano un’espressa disciplina nella ccv e nel DLgs 111/1995.
Nozione di pacchetto turistico
L’ art. 2 del D. Lgs. n. 111/1995 recepisce sostanzialmente il disposto dell’art. 2, primo comma, della direttiva n. 90/314 CEE , rispetto al quale apporta poche modifiche ed oltre tutto di carattere prevalentemente formale. La fattispecie contrattuale cui è circoscritto il campo di applicazione della disciplina comunitaria, viene definita come pacchetto turistico (“package travel, […] holidays […] tours”; “voyages, vacances et circuits à forfait”) e cioè quei viaggi, vacanze e circuiti “tutto compreso” risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due dei seguenti servizi turistici venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario:
- a) trasporto,
- b) alloggio,
- c) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio, ma configurabili come parte significativa del pacchetto stesso.
La durata del viaggio, inoltre, deve essere superiore a ventiquattro ore ovvero estendersi per un periodo di tempo comprendente almeno una notte. La figura contrattuale presa in considerazione dalla direttiva può senz’ altro essere ricondotta alla nozione di contratto di organizzazione di viaggio elaborata dalla C.C.V. (art. 1.2) per quel che concerne la individuazione dell’obbligazione assunta dal debitore della prestazione. Il tour operator, infatti, tanto nelle previsioni della direttiva quanto nelle norme del decreto, è quel soggetto che, anziché limitarsi a svolgere, così come il travel agent intermediario, una mera attività di cooperazione esterna fra il turista ed il fornitore dei servizi turistici, provvede ad ideare, assembleare, confezionare i singoli elementi componenti il pacchetto o forfait, offerti all’utenza, nel loro insieme, quale risultato precipuo della propria attività.
Sotto altro profilo, invece, la nozione di tour package si distacca dalla figura giuridica di contratto di organizzazione di viaggio elaborata dalla C.C.V., essendone molto più ampia la sfera di operatività. Per l’applicabilità della disciplina comunitaria, infatti, non è necessariamente richiesto l’inserimento nel pacchetto del servizio di trasporto, che invece costituisce un elemento combinato essenziale per configurabilità di un contratto di viaggio ai sensi dell’art. 12 C.C.V. Non mancano, invece, incertezze riguardo ad altri profili oggettivi del contratto di “pacchetto turistico”. Tutt’altro che univoco è il concetto di “significatività” riferito dall’ art. 2, primo comma, lett. c, del D. Lgs. n. 111/1995 ad uno dei servizi, diversi dal trasporto o dall’alloggio, offerti al turista, necessari, perché possa ritenersi applicabile la disciplina comunitaria. La tesi preferibile appare quella secondo cui il servizio costituisce parte significativa del pacchetto turistico, se tale è considerato esplicitamente o implicitamente da entrambi i contraenti, tanto da essersi su di esso formato il consenso e quindi da costituire elemento oggettivo del contratto.
Quanto poi agli altri requisiti dell’art. 2, primo comma, lett. c, più agevole ne appare l’interpretazione. Il carattere necessariamente non accessorio della prestazione va evidentemente commisurato all’intrinseca autonomia della relativa attività economica rispetto ai servizi di trasporto o alloggio. Evidente è la ratio della disposizione dettata dall’ art. 2, secondo comma, secondo cui l’eventuale fatturazione separata degli elementi di uno stesso pacchetto turistico non sottrae l’organizzatore o il venditore agli obblighi nascenti dal decreto. Il legislatore comunitario e quello nazionale hanno voluto scoraggiare qualsiasi intento dei tour operator di aggirare l’applicazione (di per né coattiva) della nuova normativa con espedienti volti a fatturare, formalmente in modo separato, servizi turistici pur offerti all’utente nel loro combinato insieme. In sostanza le modalità di fatturazione non costituiscono che uno dei (pur rilevanti, ma non determinanti) criteri ermeneutici della volontà delle parti.
Obblighi, responsabilità e risarcimento danni
Intermediario / venditore
Gli obblighi fondamentali del venditore sono puntualmente indicati dalle disposizioni del D.Lgs. n. 111/1995 e possono essenzialmente ricondursi agli obblighi di “procurare” il viaggio tutto compreso ( art. 4 ), di rilasciare al viaggiatore una copia del contratto ( art. 6, secondo comma ), di informare puntualmente il consumatore sul viaggio organizzato (nel corso delle trattative e prima della conclusione del contratto, ex art. 8, primo comma ; nella fase successiva alla stipulazione del contratto ma prima dell’inizio del viaggio, ex art. 8, secondo comma ; nelle indicazioni contenute nel contratto di vendita del pacchetto turistico, ex art. 7 ; nell’opuscolo informativo eventualmente messo a disposizione, ex art. 9 ; nell’avviso in forma scritta della necessità di modificare in modo significativo uno o più elementi del contratto prima della partenza, ex art. 12, primo comma ), di soccorrere il turista in difficoltà per consentire la prosecuzione del viaggio ( art. 17, secondo comma ).
Rispetto alla corrispondente disciplina uniforme, costituisce certamente un merito del decreto legislativo l’avere introdotto un regime normativo che definisce in maniera più puntuale e completa la tipologia degli obblighi contrattuali dell’intermediario, specie per quanto attiene all’identificazione dei doveri di informazione e di assistenza del consumatore posti a carico (tanto dell’organizzatore, quanto) del venditore del servizio tutto compreso.
In sostanza, gli obblighi tipici del venditore del pacchetto turistico sono quelli propri dell’intermediario di viaggi professionale, quale mandatario incaricato di stipulare un contratto di viaggio organizzato e di compiere altri atti giuridici in nome e per conto del consumatore.
Il fatto costitutivo della responsabilità dell’agenzia di viaggio, pertanto, è rappresentato dalla sua negligenza nello svolgimento dell’attività diretta a procurare al passeggero-turista i servizi necessari alla realizzazione del viaggio o soggiorno ed in particolare dall’inadempienza al tipico obbligo di diligenza professionale definita mauvaise synchronisation des services. L’intermediario non può essere chiamato a rispondere delle negligenze del fornitore dei diversi servizi. Egli invece risponde degli eventuali errori professionali commessi nella scelta degli operatori economici incaricati dell’esecuzione dei servizi, del mancato controllo dell’esattezza delle prenotazioni; del mancato o negligente espletamento di quelle formalità amministrative di cui si sia assunto l’incarico; dell’inesattezza delle informazioni, dei consigli o dei suggerimenti dati al cliente in merito all’organizzazione e realizzazione del viaggio o soggiorno, secondo un criterio di diligenza da valutare con particolare rigore in relazione al fatto che l’utente ne chiede i servizi confidando nella particolare competenza tecnica ed esperienza professionale delle agenzie di viaggi.
Il nuovo regime della responsabilità del venditore del tour package, intermediario di viaggi secondo la terminologia della C.C.V., risulta dalla combinata lettura delle disposizioni normative previste dagli artt. 14 e 17 del D.Lgs. n. 111/1995 . A norma dell’art. 14, primo comma, il venditore del servizio tutto compreso è tenuto a risarcire al consumatore il danno derivante dall’inesatta esecuzione delle obbligazioni pattiziamente assunte con la vendita del pacchetto turistico, se non prova che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Secondo il disposto dell’art. 17, primo comma, inoltre, il venditore è esonerato dalla responsabilità qualora l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali sia imputabile al consumatore, sia dovuto al fatto di un terzo, sia derivato da caso fortuito o da forza maggiore.
Mentre la prima delle disposizioni richiamate introduce una disciplina generale della responsabilità dell’intermediario di viaggi che ricalca la formulazione dell’ art. 1218 Codice civile , la seconda indica espressamente alcune fattispecie legali di esonero dalla responsabilità, identificando una serie di ipotesi tassative in presenza delle quali deve necessariamente escludersi che il pregiudizio subito dal consumatore possa essere ricondotto ad un fatto imputabile al venditore del viaggio organizzato. La previsione di due distinti regimi di imputazione responsabilità determina una sostanziale duplicazione dei sistemi di esonero che non senza difficoltà si prestano ad essere coordinati e tendono a comporsi in maniera unitaria. La soluzione preferibile sembra quella di attribuire prevalenza all’ art. 17 , per cui il venditore del servizio tutto compreso potrà esonerarsi dalla responsabilità soltanto individuando positivamente la causa che ha determinato il verificarsi dell’evento dannoso e provando che si tratta di una delle ipotesi tassativamente indicate dalla legge come cause di esonero: vale a dire, che il pregiudizio sia imputabile al consumatore, che sia derivato da caso fortuito o da forza maggiore, che sia dovuto al fatto imprevedibile ed inevitabile di un terzo.
A norma dell’art. 14, secondo comma, inoltre, il venditore è responsabile per il fatto dei prestatori di servizi dei quali si sia avvalso, salva la possibilità di rivalersi nei loro confronti, mentre non assume alcuna responsabilità per l’eventuale inadempimento da parte del tour operator o da parte dei fornitori dei servizi turistici inclusi nel pacchetto di viaggio (v. infra).
La soluzione normativa adottata dalla C.C.V. è improntata ad una disciplina che sostanzialmente corrisponde alle regole generali in tema di responsabilità del mandatario (art. 22). La Convenzione, inoltre, stabilisce in 10.000 franchi oro “germinal” per viaggiatore la somma limite sino a concorrenza della quale l’agenzia di viaggi è chiamata a rispondere. Il beneficio della limitazione di responsabilità viene meno per dolo o colpa consapevole e temeraria dell’intermediario di viaggi (art. 27).
Organizzatore
Il tour operator è esposto ad una responsabilità diretta e personale nei confronti del cliente danneggiato. La stessa CCV – secondo uno schema sostanzialmente analogo a quello risultante dall’applicazione della normativa sul contratto d’appalto per i viaggi e soggiorni non assoggettati alla Convenzione – prevede a carico dell’organizzatore, oltre alla responsabilità per l’inadempimento degli obblighi di organizzazione, salvo la prova della diligenza professionale (art. 13), anche quella derivante dalla prestazione dei diversi servizi di cui il turista usufruisce. In questo ultimo ambito diversifica l’ipotesi che tali servizi siano direttamente effettuati dall’organizzatore di viaggi (e di cui questi risponde a norma dell’art. 14) da quella, di gran lunga più frequente, in cui egli si avvalga dell’opera di terzi (art. 15). A questo proposito, recependo una distinzione elaborata in relazione al trasporto ferroviario ed in seguito utilizzata per il trasporto marittimo di persone si è ormai diffuso il convincimento che l’organizzatore risponde per i pregiudizi causati al viaggiatore a motivo dell’inadempimento totale o parziale dei servizi, conformemente alle disposizioni che ne regolano l’esecuzione (art. 15, n. 1). Per esonerarsi da responsabilità per i danni causati al viaggiatore in occasione della prestazione dei diversi servizi, deve invece fornire la prova liberatoria di essersi comportato diligentemente “nella scelta della persona che esegue il servizio”. Sono poi previsti dall’art. 13 limiti massimi alla responsabilità dell’organizzatore che, essendo calcolati in base alle cosiddette clausole oro “germinal”, hanno però sollevato perplessità in ordine alla effettiva funzionalità della soluzione normativa. Il beneficio della limitazione di responsabilità viene meno poi (art. 27) per dolo o colpa consapevole e temeraria dell’organizzatore (ed anche intermediario) di viaggi.
Come già si è avuto modo di puntualizzare in altra sede, il regime di responsabilità delineato dalla direttiva 90/314/CEE , presenta caratteri sostanzialmente analoghi a quelli ricorrenti nel sistema di ripartizione dei rischi fra produttore e consumatore del servizio turistico, già noto al nostro ordinamento per l’operatività della C.C.V. (art. 15 n. 1, primo comma).
Quella prevista dalla disciplina comunitaria è infatti una responsabilità presunta e con rigoroso onere probatorio della dipendenza del sinistro da uno degli specifici eventi indicati come esclusive cause di esonero della responsabilità altrimenti a carico del debitore della prestazione (art. 5, n. 2: colpa dell’utente, fatto imprevedibile o insormontabile di terzi estranei alla fornitura della prestazione, caso fortuito o forza maggiore); limitata, ma inderogabile (fatta salva l’ipotesi di danni diversi da quelli corporali).
La disciplina sostanziale della responsabilità del tour operator per l’inadempimento degli obblighi assunti nei confronti del consumatore con la stipulazione del contratto di viaggio organizzato trova ora ulteriore regolamentazione legislativa nel combinato disposto degli artt. 14 e 17 del D.Lgs. n. 111/1995.
Secondo le disposizioni del decreto, le obbligazioni fondamentali del tour operator possono ricondursi essenzialmente agli obblighi di seguito indicati: “procurare” il viaggio tutto compreso (art. 4); rilasciare al viaggiatore una copia del contratto (art. 6, secondo comma); informare puntualmente il consumatore sul viaggio organizzato (nel corso delle trattative e prima della conclusione del contratto, ex art. 8, primo comma; nella fase successiva alla stipulazione del contratto ma anteriore all’inizio del viaggio, ex art. 8, secondo comma; nelle indicazioni contenute nel contratto di vendita del pacchetto turistico, ex art. 7; nell’opuscolo informativo eventualmente messo a disposizione del turista, ex art. 9; nell’avviso in forma scritta della necessità di modificare in modo significativo uno o più elementi del contratto prima della partenza, ex art. 12, primo comma); apprestare adeguate soluzioni alternative per la prosecuzione del viaggio programmato nel caso in cui dopo la partenza una parte essenziale dei servizi previsti dal contratto non possa essere effettuata (art. 12, quarto comma); mettere a disposizione del turista un mezzo di trasporto equivalente per il ritorno al luogo di partenza o ad altro luogo convenuto qualora non sia possibile alcuna soluzione alternativa o il consumatore ritenga di non accettarla (oltre a restituire la differenza tra il costo delle prestazioni previste e quello dei servizi effettuati, ex art. 12, quinto comma); soccorrere il turista in difficoltà per consentire la prosecuzione del viaggio (art. 17, secondo comma).
Accanto all’indicazione degli obblighi essenziali del tour operator, le norme del decreto dispongono altrettanto significativi divieti legislativi per l’organizzatore dei viaggi: tra questi vengono in rilievo, soprattutto, il divieto di fornire informazioni ingannevoli sulle modalità del viaggio organizzato, sul corrispettivo previsto per la fornitura del servizio e sugli altri elementi del contratto, qualunque sia lo strumento mediante il quale le informazioni in oggetto vengano comunicate al consumatore (art. 8, quarto comma); il divieto di aumentare il corrispettivo forfetario dovuto dal consumatore per la prestazione del servizio tutto compreso (se non alle condizioni espressamente indicate e nelle ipotesi tassativamente stabilite dall’art. 11).
Rispetto alla corrispondente disciplina prevista dalla legislazione uniforme, il regime normativo introdotto dal decreto contribuisce a definire in maniera certamente più completa la tipologia ed il contenuto degli obblighi contrattualmente assunti dal tour operator con la stipulazione del contratto di viaggio organizzato, anche in vista di una più puntuale individuazione delle “rispettive responsabilità” per l’inadempimento delle prestazioni dedotte in obbligazione (ex art. 14, primo comma), soprattutto per quanto attiene alla puntuale determinazione dei doveri di informazione del consumatore e di assistenza al viaggiatore posti a carico dell’organizzatore del servizio tutto compreso.
Volendo mantenere la tradizionale indicazione tipologica delle ipotesi di inadempimento imputabile al produttore del viaggio organizzato, è possibile articolare le diverse fattispecie come segue: responsabilità per qualsiasi pregiudizio causato al viaggiatore derivante dall’inadempimento degli obblighi di organizzazione, o dalla inesatta esecuzione dei servizi compresi nel pacchetto turistico qualora le prestazioni siano state effettuate direttamente dal tour operator (artt. 14, primo comma, e 17, primo comma); responsabilità per i danni che il viaggiatore abbia subito a causa dell’inadempimento da parte degli ausiliari dell’organizzatore, o dovuti alla inesatta esecuzione dei servizi compresi nel pacchetto turistico qualora le prestazioni siano state affidate a terzi fornitori dei quali il tour operator abbia inteso avvalersi (art. 14, secondo comma).
In sostanza, la nuova disciplina della responsabilità del tour operator per inadempimento delle obbligazioni derivanti dalla stipulazione del contratto di viaggio risulta ora dal combinato disposto degli artt. 14 e 17 del D. Lgs. n. 111/1995, già esaminati a proposito della responsabilità dell’intermediario-venditore, dai quali emerge una duplicazione dei sistemi di responsabilità dell’organizzatore.
Secondo una parte degli interpreti l’art. 14, primo comma, si limita ad introdurre un principio generale di imputazione della responsabilità, modellato sullo schema dell’art. 1218 Codice civile, per cui l’organizzatore di viaggi è tenuto a risarcire al consumatore il danno derivante dall’inesatta esecuzione delle obbligazioni assunte con la stipulazione del contratto di viaggio. Il disposto dell’art. 17, primo comma, determinerebbe invece l’effettivo ambito della responsabilità dell’organizzatore di viaggi. Il tour operator è liberato dalla responsabilità nel caso in cui riesca a fornire la prova che l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali sia dovuto ad una delle cause tassativamente previste dalla legge come ipotesi di esonero: fatto imputabile al consumatore; fatto di un terzo a carattere imprevedibile e inevitabile; caso fortuito o forza maggiore. In questa prospettiva la specifica previsione di alcune ipotesi legali di esclusione della responsabilità dell’organizzatore contribuisce a definire in maniera particolarmente rigida il modello di ripartizione dei rischi di impresa tra produttore del pacchetto turistico e fruitore del servizio tutto compreso, esprimendo compiutamente una sempre più accentuata tendenza alla progressiva oggettivizzazione del sistema legale.
Secondo altri interpreti, il disposto dell’art. 14, primo comma, secondo il quale il tour operator è liberato dalla responsabilità qualora provi che l’inadempimento contrattuale è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, andrebbe riferito alle sole ipotesi di violazione degli obblighi di organizzazione direttamente riferibili al produttore del pacchetto turistico (e così, ad esempio, in caso di difettosa sincronizzazione dei servizi). Le cause di esonero tassativamente indicate dall’art. 17, primo comma, andrebbero invece ricondotte all’ipotesi di inadempimento da parte dei fornitori dei singoli servizi turistici dei quali l’organizzatore si sia avvalso nell’assemblare il pacchetto tutto compreso.
Particolare rilievo assume, infine, la previsione dell’art. 14, secondo comma, D.Lgs. n. 111/1995, che imputa al tour operator tanto la responsabilità per il pregiudizio che il viaggiatore abbia subito a causa dell’inadempimento dovuto ai propri ausiliari, quanto la responsabilità per l’inadempimento delle prestazioni effettuate da terzi fornitori ai quali abbia affidato la realizzazione dei servizi turistici compresi nel pacchetto.
A differenza di quanto stabilito per l’organizzatore, il venditore è responsabile nei confronti del consumatore soltanto per la negligenza nell’esecuzione del mandato, conformemente alla normativa dettata dalla C.C.V. in tema di intermediazione di viaggi. Questo principio, che esclude qualsiasi ipotesi di responsabilità solidale di organizzatore e venditore pur possibile in rapporto alla locuzione “e/o” usata dal legislatore comunitario per individuare il soggetto responsabile (art. 5) è ricavabile proprio dall’ art. 14 D.Lgs. n. 111/1995, laddove si afferma l’obbligo risarcitorio del tour operator o del travel agent “secondo le rispettive responsabilità”. Il legislatore interno, infatti, nel prevedere che tour operator e travel agent siano tenuti a risarcire il pregiudizio subito dal consumatore per la violazione degli obblighi assunti con la stipulazione del contratto, ha stabilito per l’organizzatore e per il venditore due sistemi di responsabilità strutturalmente diversi, distinguendone il relativo ambito di operatività in funzione della sostanziale differenziazione delle prestazioni economiche rispettivamente esercitate.
La responsabilità dell’organizzatore è limitata secondo un duplice regime normativo.
Per danni alla persona si applicheranno gli stessi limiti stabiliti delle convenzioni internazionali che disciplinano il servizio in riferimento al quale si è verificato l’inadempimento; ed è significativo rilevare che nel caso in cui la normativa applicabile non preveda una limitazione risarcitoria sarà comunque applicabile il limite previsto dalla C.C.V., pari alla somma di 50.000 franchi oro germinal per ciascun viaggiatore (art. 15 D.Lgs. n. 111/1995). In ogni caso, quindi, il tour operator ed il venditore (in tal caso ai sensi dell’art. 22, n. 2, C.C.V.) beneficiano del limite risarcitorio, fatte salve ovviamente le ipotesi in cui la limitazione non operi per intrinseca previsione legislativa (ad es. dolo o colpa grave).
Per i danni diversi da quelli alla persona l’art. 16 D. Lgs citato prevede l’applicabilità del limite risarcitorio di 2.000 franchi oro germinal per danno alle cose ovvero di 5.000 franchi oro germinal per qualsiasi altro danno (art. 13 n. 2 C.C.V.). Limite questo giustamente criticato perché molto spesso di importo superiore al danno effettivamente subito dal consumatore.
Il danno da vacanza rovinata
L’inadempimento da parte dell’organizzatore di viaggi può determinare anche la lesione dell’interesse dell’utente a godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di svago o di riposo, senza essere costretto a soffrire quel disagio psicofisico che talora si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte del programma previsto. In questo senso, una parte della dottrina specialistica, assecondata da alcune recenti pronunce giurisprudenziali, La giurisprudenza è orientata ad estendere la responsabilità dell’organizzatore e del venditore sino a ricomprendervi le conseguenze dannose derivanti dal disagio psicofisico causato al turista dall’inadempimento, così come espressamente prevede il par. 651 f, Abs. 2, BGB, che riconosce al viaggiatore il diritto di ottenere il risarcimento del danno contrattuale da “vacanza rovinata”.
L’analisi delle pronunce giurisprudenziali consente di evidenziare un interessante trend evolutivo, caratterizzato dall’espressione di una sempre più marcata tendenza al riconoscimento della possibilità di risarcire anche il danno da vacanza rovinata. A differenza della giurisprudenza tradizionale che ne esclude la risarcibilità qualificandolo come ipotesi di danno morale non espressamente prevista dalla legge, nelle decisioni più recenti è possibile rilevare una decisa tendenza a riconoscere al turista il diritto di ottenere il risarcimento del danno derivante dal minore godimento o dal particolare disagio sofferto a causa dell’inadempimento della prestazione imputabile all’operatore turistico. A prescindere da ogni più approfondita valutazione circa la natura del danno (non patrimoniale, secondo l’orientamento che sembra maggioritario), la quantificazione del pregiudizio subito è determinata dal giudice in via forfetaria ed il risarcimento è spesso stabilito nella misura forfetariamente alla metà del corrispettivo pattuito. La nozione che si è venuta affermando nell’esperienza giurisprudenziale è incentrata su due elementi fondamentali: il minore godimento ed il disagio sopportato dal turista per effetto dell’inadempimento contrattuale; la particolare importanza attribuita all’interesse del turista di godere di un viaggio organizzato o di un periodo di vacanza corrispondenti alle proprie attese. L’intervento della Corte di Giustizia delle Comunità europee, con sentenza 12 marzo 2002, in causa C-168/00, ha definitivamente sancito che l’art. 5 della direttiva n. 90/314/cee, “deve essere interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso”. A fronte del processo evolutivo della giurisprudenza nazionale e della pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’attenzione va ora concentrata sulla gravità del pregiudizio subito dal consumatore e sulla quantificazione dell’obbligazione risarcitoria dell’organizzatore di viaggi. Sotto il primo aspetto, sembra potersi affermare che non sia sufficiente qualsiasi inadempimento, anche di lieve entità, per considerare definitivamente compromesso il periodo di svago o di riposo, ma sia necessario che l’intera vacanza o una parte significativa dei servizi turistici sia stata pregiudicata.
Deve trattarsi della violazione da parte dell’organizzatore o del venditore di un obbligo essenziale ai fini della fruizione del pacchetto turistico, se non determinante ai fini del consenso, quantomeno decisiva ai fini del soddisfacimento dell’interesse del turista. In altri termini, la vacanza potrà dirsi “rovinata” soltanto laddove il tour operator o il travel agent si siano resi responsabili dell’inadempimento di una prestazione qualificante il contratto di viaggio. Sotto il profilo della quantificazione del risarcimento dovuto, riconosciuta di norma l’impossibilità di provare il danno nel suo preciso importo, l’ammontare dell’obbligazione risarcitoria è di solito determinato, con valutazione forfetario ex art. 1226 codice civile. In assenza di un sistema forfetari che consenta al giudice e, prima ancora, alle parti di usufruire di un criterio certo per la determinazione del risarcimento del danno – quale è invece presente da tempo nell’ordinamento tedesco, a seguito dell’adozione delle Tavole della giurisprudenza di Francoforte (Frankfurtertabelle) – l’esperienza pratica mostra l’estrema difficoltà di apprezzare il disagio psicofisico sofferto dal turista. Il riferimento al prezzo del pacchetto turistico, in quanto termine di riferimento oggettivo del valore della vacanza rispetto al quale le parti hanno prestato il consenso, può offrire un primo sussidio per la quantificazione del risarcimento. Anche se in alcune ipotesi lo stesso ammontare del corrispettivo pagato all’organizzatore sembra insufficiente a consentire al consumatore un effettivo ristoro per il grave disagio subito, specie quando il viaggio si riferisca ad un’occasione irripetibile. Trattandosi di un danno diverso da quelli alla persona, deve ritenersi operante il disposto dell’art. 16, comma 4, d.lgs. 111/1995, a norma del quale il diritto al risarcimento del danno si prescrive in un anno dalla data del rientro del consumatore nel luogo di partenza.
L’ art. 18 del D.Lgs. n. 111/1995 prevede inoltre, analogamente alla C.C.V., la possibilità di surroga del tour operator o del travel agent, che hanno risarcito il consumatore, in tutti i diritti e azioni di quest’ ultimo verso i terzi responsabili”.
- Forma, contenuto e prova del contratto
Nessun particolare requisito formale è previsto per la stipulazione del contratto di intermediazione e di organizzazione. Tuttavia, la CCV fa obbligo all’organizzatore di rilasciare un documento di viaggio munito di sua firma o di suo timbro recante le indicazioni elencate dall’art. 6. Analogamente l’intermediario deve osservare gli obblighi di documentazione del contratto previsti dagli artt. 18 e 19. La norma non prevede una forma ad substantiam e neppure ad probationem; la mancanza del documento produce infatti soltanto conseguenze in ordine alla responsabilità dell’agenzia di viaggi, anche se una sua più diffusa utilizzazione sarebbe consigliabile al fine di garantire una precisa ed inequivocabile individuazione delle prestazioni dovute. Il documento di viaggio, non richiedendo la sottoscrizione da parte del cliente, non costituisce un “vero e proprio atto scritto in senso tecnico”. Le clausole riportate nel documento che abbiano un eventuale carattere “vessatorio” ex art. 1341, secondo comma, Codice civile, devono essere, pena la loro inefficacia, specificamente approvate per iscritto.
Ciò beninteso fatta salva l’applicazione della Direttiva CEE n. 13/93 sulle clausole abusive attuata nel nostro ordinamento con la legge n. 52 del 6-2-1995, che ha introdotto gli artt. 1469-bis, e seguenti, del codice civile, assecondando così anche l’esigenza di garantire un’equilibrata composizione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di viaggio. In questa prospettiva, riconoscendo alle associazioni dei consumatori la legittimazione all’esercizio dell’azione inibitoria di cui all’ art. 1469-sexies codice civile, la più recente giurisprudenza di merito ha giustamente sancito il divieto di inserire nei contratti di viaggio clausole di deroga al foro competente per la risoluzione delle controversie che potrebbero insorgere nell’esecuzione degli stessi.
In tema di forma del contratto di viaggio, il decreto non adotta una soluzione sensibilmente dissimile rispetto a quella assunta dalla normativa uniforme, che oltretutto, in base al principio dettato dall’art. 24, lett. a, legge n. 146/94, può essere utilmente coordinata ed integrata con le richiamate disposizioni della C.C.V. Il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi. Al consumatore deve essere rilasciata una copia del contratto stipulato, sottoscritto o timbrato dall’organizzatore o venditore. Così dispone l’art. 6 del decreto, che non prevede per il contratto di pacchetto turistico forma scritta ad substantiam o ad probationem. Per quanto poi concerne gli elementi da inserire nella documentazione del contratto la direttiva ha tanto chiaramente quanto logicamente individuato le diverse fasi cronologiche in cui si articola l’attività di pubblicizzazione prima, vendita poi, ed esecuzione da ultimo, del pacchetto turistico.
A ciascuna di queste fasi corrisponde la coerente indicazione dei diversi dati informativi cui ha diritto il consumatore. Gli artt. 3 e 4 lett. a) della Direttiva n. 90/314/CEE individuano gli elementi relativi al pacchetto da inserire in depliant, opuscoli od in qualsiasi altro mezzo di pubblicizzazione dell’iniziativa turistica nella fase precontrattuale. Nell’allegato richiamato dall’ art. 4.2 sono indicati gli “elementi da inserire nel contratto”.
L’art. 4.1, lett. b, prevede infine quelle informazioni che per la loro specificità debbono essere fornite al consumatore “in tempo prima dell’inizio del viaggio”, quindi anche dopo la conclusione del contratto. Quella delineata è una scansione logica e coerente dei diversi momenti in cui si articola la negoziazione del pacchetto turistico fra organizzatore e venditore da un lato, contraente dall’altra. Nella sistematica del D.Lgs. n. 111/1995, invece, risultano invertiti i momenti informativi che precedono ed accompagnano la conclusione del contratto secondo una tecnica legislativa quanto mai censurabile, viene abbandonata la chiara successione cronologica e temporale delle fasi in cui si articola la commercializzazione del pacchetto turistico operata dalla direttiva a favore di una ben più disordinata regolamentazione dei diversi dati informativi cui ha diritto il consumatore.
Non è soltanto la inversione del fisiologico svolgimento delle diverse fasi di successione delle attività commerciali a sorprendere, per cui all’art. 7 si disciplinano gli elementi da inserire nel contratto, nell’art. 8, primo comma, e nell’art. 9 i dati cui il consumatore ha diritto prima dell’acquisto del pacchetto e nell’art. 8, secondo comma, quelli da acquisire successivamente alla stipulazione del contratto, ma prima della partenza. E’ soprattutto la sovrapposizione, talora anche la duplicazione, in genere l’insufficiente coordinamento fra le diverse previsioni a creare incertezze sull’esatta portata dell’intervento normativo, attenuandone l’efficacia in senso veramente innovativo o se non altro chiarificatore sul piano della regolamentazione del rapporto commerciale fra organizzatore, venditore e consumatore del pacchetto turistico. E’ il caso delle informazioni relative a passaporto e visto contestualmente previste dall’art. 8, primo comma e 9, lett. e, di quelle concernenti la sistemazione alberghiera, previste dall’art. 7, lett. h, e 9, lett. b. Non mancano poi le contraddizioni: così l’art. 7, lett. l, demanda all’autonomia contrattuale la determinazione del termine entro cui il consumatore deve essere informato dell’annullamento del viaggio per la mancata adesione del numero minimo dei partecipanti previsto; analoga previsione è ripetuta dall’art. 9, lett. g, laddove invece l’art. 13, terzo comma, restringe di fatto detta facoltà alla previsione di un termine di almeno 20 giorni precedenti la data prevista per la partenza. E giova precisare che da tale caotica ricostruzione della fattispecie non meno che da quanto rilevato sopra si può desumere l’ampia derogabilità del termine fra le parti.
Ancor più clamorosa poi è la contraddizione in cui è caduto il legislatore riguardo alla configurazione giuridica di un’operazione per né unica, quale il versamento da parte del consumatore delle somme richieste dall’organizzatore all’atto della prenotazione. All’art. 7, lett. d, si parla di “caparra” con espresso richiamo all’art. 1385 Codice civile; l’art. 9, lett. f, invece, imputa detto pagamento (lo stesso si badi bene) a titolo di “acconto”; l’art. 13, primo comma, lo definisce semplicemente come “somma di denaro già corrisposta” ed infine l’art. 12 richiama il concetto di “penale”. Molto più semplicemente e coerentemente il decreto avrebbe dovuto far riferimento alla definizione giuridica che appare più conveniente al caso di specie: e cioè a quella di “corrispettivo del recesso”.
- Le modificazioni del rapporto contrattuale
Il problema, di rilevante importanza, nell’ambito della regolamentazione di un rapporto suscettibile di improvvise variazioni e di sensibili modifiche quale quello avente ad oggetto l’offerta di un servizio turistico, trova soluzione nella CCV che disciplina dettagliatamente, con normativa tendenzialmente favorevole all’organizzatore, diverse ipotesi di modificazioni del rapporto contrattuale, nelle quali si crea una vera e propria “novazione” del rapporto rispetto alle originarie previsioni contrattuali.
Il DLgs n. 111/95 con la disciplina dettata agli artt. 10-13 ha concretizzato il perseguimento dell’obiettivo di modificare la disciplina dettata dalla C.C.V. in senso più favorevole all’utente. Sinteticamente possiamo quindi indicare le soluzioni adottate.
Sostituzione del viaggiatore
L’art. 8, CCV, riconosce al viaggiatore la facoltà di farsi sostituire da altra persona ai fini dell’esecuzione del contratto a condizione che il sostituto “soddisfi le esigenze particolari relative al viaggio od al soggiorno” e che indennizzi l’organizzatore di tutte le spese eventualmente causate dalla sostituzione.
L’ art. 10, primo comma, del D.Lgs. n. 111/1995 , dispone che il consumatore ha il diritto di sostituire a né un altro soggetto nei rapporti attivi e passivi derivanti dal contratto di viaggio stipulato con l’operatore turistico, purché il sostituto si trovi nelle condizioni che ne rendano possibile la partecipazione al viaggio (soddisfi tutte le condizioni per la fruizione del servizio: ad esempio sia in possesso del visto di ingresso necessario per entrare nel paese di destinazione; sia sottoposto ai trattamenti sanitari prescritti); il cedente è tenuto, entro il termine di quattro giorni lavorativi prima della partenza a comunicare per iscritto all’organizzatore o al venditore di essere impossibilitato ad usufruire personalmente del servizio ed a fornire con le stesse modalità le esatte generalità del sostituto cessionario.
La cessione del contratto di viaggio, a differenza di quanto previsto in generale dall’ art. 1406 del Codice civile in materia di cessione del contratto, si configura come un negozio giuridico bilaterale, anziché trilaterale. A norma dell’art. 10, secondo comma, peraltro, il cedente ed il cessionario rimangono obbligati in solido nei confronti del ceduto, organizzatore o venditore, per il pagamento del corrispettivo e delle spese ulteriori che possano derivare dall’avvenuta cessione del pacchetto turistico.
Recesso dal contratto da parte del viaggiatore
Gli artt. 9 e 20 della CCV attribuiscono al viaggiatore la facoltà di “annullare” il contratto, rispettivamente di organizzazione od intermediazione (meglio sarebbe stato però parlare di recesso ovvero di risoluzione) totalmente o parzialmente, ma pur sempre nel rispetto delle circostanze e condizioni eventualmente previste dal documento di viaggio (art. 6, lettera h). Ulteriore condizione per l’esercizio della facoltà di cosiddetto annullamento, è altresì l’indennizzo dell’organizzatore e dell’intermediario, la cui quantificazione dovrà avvenire in base alla legislazione nazionale ovvero alle disposizioni del contratto.
L’ art. 13 D.Lgs n. 111/1995 , introduce nuove disposizioni relative alla regolamentazione dei diritti del consumatore in ipotesi di recesso unilaterale dal contratto di viaggio o in caso di “annullamento” del servizio tutto compreso da parte dell’organizzatore. Per limitarci ad un quadro essenziale dei criteri sostanziali di ripartizione dei rischi d’impresa tra produttore del pacchetto turistico e fruitori dei servizi tutto compreso in ordine alle ipotesi di modificazione unilaterale del rapporto contrattuale, si può ricordare come al consumatore sia espressamente riconosciuto il diritto di recedere dal contratto, senza essere tenuto a corrispondere alcun indennizzo al tour operator, in una serie di ipotesi specificamente indicate dal decreto: nel caso in cui l’operatore turistico abbia disposto una variazione in aumento del prezzo globale di vendita del pacchetto turistico superiore al dieci per cento rispetto a quanto originariamente previsto dal contratto di viaggio ( art. 11, terzo comma ); qualora, prima della partenza, l’organizzatore o il venditore abbiano necessità di modificare in modo significativo uno o più elementi del programma di viaggio e il turista ritenga di non accettare la variazione proposta ( art. 12, secondo comma ).
Il tour operator che intenda recedere unilateralmente dal contratto come meglio si avrà modo di mettere in rilievo, ha l’obbligo di tenere comunque indenne il consumatore per l’eventuale pregiudizio subito (l’ art. 13, primo comma, D.Lgs. n. 111/95 disciplina le conseguenze dell’eventualità che il viaggio organizzato venga cancellato “per qualsiasi motivo”) Inoltre, formano oggetto di una specifica disciplina le particolari ipotesi di mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti al viaggio organizzato e della impossibilità di effettuazione del servizio. Qualora il turista eserciti il diritto di recedere dal contratto (in caso di aumento del prezzo o di modifica degli elementi del contratto da parte del tour operator) e quando il viaggio organizzato sia cancellato prima della partenza (per qualsiasi motivo tranne che per colpa del fruitore del servizio tutto compreso), il consumatore ha diritto di usufruire di un altro pacchetto turistico di qualità equivalente o superiore, senza essere tenuto a pagare alcun supplemento di prezzo; oppure, di usufruire di un altro pacchetto turistico di qualità inferiore e di esigere la restituzione della differenza tra il corrispettivo versato in adempimento della propria obbligazione e l’effettivo valore del servizio sostitutivo prestato; ovvero, in alternativa, di ottenere il rimborso di quanto pagato all’operatore turistico entro il termine di sette giorni lavorativi a decorrere dal momento della cancellazione del viaggio ( art. 13, primo comma ).
Il turista ha diritto, inoltre, di ottenere il risarcimento di ogni ulteriore danno che possa derivare dalla mancata esecuzione del contratto di viaggio organizzato ( art. 13, secondo comma ), con l’esclusione dell’ipotesi in cui il servizio tutto compreso sia annullato per effetto del mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti, a condizione che ne sia data informazione al consumatore mediante comunicazione in forma scritta almeno venti giorni prima della data prevista per la partenza, oppure qualora ricorra una causa di forza maggiore, alla quale non può comunque essere assimilato l’eccesso di prenotazioni (art. 13, terzo comma). Secondo forfetari degli interpreti, è fatta salva, comunque, la facoltà di una diversa previsione contrattuale che non contempli il risarcimento del danno, ma soltanto il rimborso delle somme anticipate e della differenza tra servizi pattuiti e prestazioni ricevute.
Con riferimento alla regolamentazione della fattispecie di recesso da parte del viaggiatore che spesso è contenuta nelle condizioni generali di contratto predisposte dai tour operator, presenta particolare complessità il problema della compatibilità delle c.d. “penali” con la disciplina degli artt. 1469-bis, e seguenti, del codice civile, che tendono ad assicurare un’equilibrata composizione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. La questione relativa alla vessatorietà o meno delle clausole che prevedono in favore dell’organizzatore il pagamento di un corrispettivo per il recesso da parte del turista, infatti, l’orientamento espresso dalla giurisprudenza risulta ancora tutt’altro che univoco. Nel valutare la disciplina delle ipotesi di recesso oneroso prevista nelle condizioni generali predisposte da un tour operator – secondo la quale sarebbero state addebitate al consumatore, a titolo di corrispettivo per il recesso, la quota d’iscrizione e una somma percentuale differenziata a seconda di quanto tempo prima fosse effettuata la rinuncia al viaggio – una recente pronuncia di merito ha rigettato la richiesta, avanzata da un’associazione di consumatori, diretta ad ottenere una declaratoria di vessatorietà della previsione contrattuale ex art. 1469-bis, terzo comma, n. 5, Codice civile , e la conseguente inibizione dell’uso della clausola nei formulari impiegati per la stipulazione dei contratti di viaggio. La posizione interpretativa adottata è stata argomentata sulla base del rilievo che, nelle condizioni generali di specie, non sarebbe stata stabilita alcuna facoltà di recesso in capo all’organizzatore, così come invece veniva disposto in favore del consumatore, atta a giustificare la previsione dell’obbligo di corrispondere una somma di denaro per l’esercizio di una facoltà, appunto, che non sarebbe stata conferita al tour operator dal regolamento contrattuale. Si tratta, peraltro, di un orientamento interpretativo particolarmente controverso che, quantomeno nei termini in cui è formalmente enunciato, non trova riscontro nell’analisi della fattispecie che è stata compiuta da una dottrina allo stato attuale ancora fortemente divisa sulla soluzione da adottare in relazione al problema specifico. Da parte di alcuni interpreti è stato osservato come la previsione di un corrispettivo per il recesso determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di viaggio (ex art. 1469-bis, primo comma, stesso codice), dal momento che in caso di recesso da parte del tour operator non è garantito al turista il diritto di ottenere il doppio di quanto pagato, ma è prevista soltanto la restituzione della somma di denaro che abbia versato. In questo senso ha avuto modo di pronunciarsi altresì la giurisprudenza più recente, secondo cui una clausola che preveda esclusivamente a carico del consumatore la perdita di una determinata somma in caso di recesso, senza che sia prevista la condizione di reciprocità per il tour operator, crea una situazione di squilibrio idonea a farne presumere la vessatorietà. Altri interpreti ritengono invece, anche sulla base di un’analisi economica dei rapporti che fanno capo al tour operator – considerando il rilevante anticipo con il quale stipula i contratti relativi ai servizi turistici ed il fatto che i fornitori per garantire l’esecuzione delle prestazioni pretendano comunque il pagamento dell’intero corrispettivo nel caso in cui sia pattuito il “vuoto per pieno”, ovvero una somma di ammontare crescente in caso di no show – che la previsione di una “penale” risponderebbe alle esigenze commerciali sottese all’organizzazione di un viaggio e non sarebbe tale da determinare un significativo squilibrio dei rapporti tra le parti del contratto.
Recesso dal contratto da parte dell’organizzatore
Ben più favorevole per l’organizzatore è il regime normativo che ne disciplina il recesso (“annullamento”) dal contratto nella CCV. L’art. 10 non subordina infatti l’esercizio di tale facoltà al pagamento di alcuna “indennità”, sempre che – beninteso – l’annullamento totale o parziale del viaggio o soggiorno operi in uno dei casi espressamente previsti dalla CCV: il sopraggiungere, prima o durante l’esecuzione del contratto, di circostanze eccezionali, non conoscibili al momento della stipulazione o tali che, se conosciute, avrebbero indotto l’organizzatore a non concludere il contratto (art. 10, n. 1); la mancata adesione al viaggio o soggiorno del numero minimo di partecipanti previsto nel documento di viaggio, sempreché i viaggiatori contraenti siano stati tempestivamente avvisati nel termine indicato dall’art. 10, n. 2 (15 giorni prima della data di inizio del viaggio o soggiorno). L’esercizio della facoltà di “annullamento” in mancanza di questi presupposti, espone invece l’organizzatore alle sanzioni risarcitorie previste per le sue inadempienze contrattuali. Nel caso di annullamento del contratto prima della sua esecuzione, al viaggiatore spetta comunque il rimborso integrale di qualunque pagamento effettuato all’organizzatore. L’annullamento del contratto in corso di esecuzione espone invece l’organizzatore all’adozione di tutte le misure necessarie nell’interesse del viaggiatore, salvo l’obbligo delle parti di “indennizzarsi a vicenda in maniera equa” (art. 10, n. 3, ad es. riduzione del prezzo per cancellazione di alcune prestazioni o servizi).
L’ art. 13, primo comma, DLgs n. 111/95 – nel procedere all’attuazione delle vincolanti indicazioni normative comunitarie formulate dall’art. 4.6, primo alinea – disciplina espressamente la fattispecie di “annullamento” del viaggio organizzato (o di “cancellazione” del pacchetto turistico) prima della partenza da parte del tour operator (incidentalmente si rileva l’evidente improprietà lessicale nell’impiego di un’espressione “annullamento” che, volutamente utilizzata in senso generico dal legislatore comunitario, nell’ordinamento interno assume una puntuale valenza tecnica).
Con riferimento al caso in cui il viaggio organizzato venga “annullato” prima della partenza per qualsiasi motivo, tranne che per colpa del consumatore l’ art. 13, primo comma del decreto legislativo stabilisce che il consumatore ha il diritto di usufruire di un altro pacchetto turistico di qualità equivalente o superiore, senza essere comunque tenuto a pagare un supplemento di prezzo; nel caso in cui il tour operator o il travel agent non siano in grado di mettere a disposizione del turista un altro viaggio organizzato non inferiore a quello originariamente previsto, il consumatore ha il diritto di usufruire di un altro pacchetto turistico qualitativamente inferiore e di esigere la restituzione della differenza tra quanto versato in adempimento della propria obbligazione e l’effettivo valore del servizio sostitutivo prestato; in alternativa, il consumatore ha diritto ad ottenere il rimborso di quanto corrisposto all’operatore turistico entro il termine di sette giorni lavorativi a decorrere dal momento della cancellazione del viaggio. La disposizione in oggetto, pertanto, in relazione all’ipotesi di mancata prestazione da parte del tour operator del pacchetto turistico dedotto in contratto, prevede in favore del turista una serie di rimedi alternativi, ma non necessariamente sussidiari, a salvaguardia dell’interesse proprio del viaggiatore ad usufruire comunque del servizio tutto compreso.
Qualora il viaggio organizzato originariamente previsto non possa essere in concreto eseguito, nella valutazione delle praticabili alternative che l’operatore turistico sia in grado di proporre al viaggiatore e nell’indicazione della possibile soluzione che il consumatore ritenga di dovere preferire, entrambe le parti contraenti dovranno improntare il proprio comportamento al rispetto del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto. Occorre mettere in evidenza, infine, come l’art. 13, secondo comma, disponga espressamente che, in caso di cancellazione del pacchetto turistico prima della partenza per qualsiasi motivo, tranne che per colpa del consumatore, oltre ai diritti previsti dal primo comma dello stesso articolo, il viaggiatore ha altresì il diritto di ottenere il risarcimento di ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto di viaggio organizzato. A tale proposito è interessante rilevare come, tra le eventualità che possono determinare l’applicazione del regime stabilito dall’ art. 13 D.Lgs. n. 111/1995, rientrino tra l’altro due distinte fattispecie.
In primo luogo, il caso di mancato raggiungimento del minimo di partecipanti al viaggio organizzato, secondo l’indicazione contenuta nel contratto di viaggio e nell’opuscolo informativo messo a disposizione del consumatore (rispettivamente a norma dell’art. 7, lett. l, DLgs n. 111/95, e dell’art. 9, primo comma, lett. g, stesso decreto). In secondo luogo, l’ipotesi in cui il servizio tutto compreso non possa essere effettuato per una “causa di forza maggiore”, che vale ad esonerare l’operatore turistico da ogni responsabilità ex art. 17, primo comma, del DLgs n. 111/95 ; il legislatore interno, con una disposizione testualmente ripresa dall’ art. 4.6, ii della direttiva n. 90/314/CEE , ha cura di precisare come l’eccesso di prenotazioni non possa comunque essere equiparato alla forza maggiore. Per quanto riguarda in particolare la fattispecie di mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti al viaggio, risulta decisamente marcata la differenza tra il regime legislativo previsto dal decreto e la corrispondente disciplina normativa prevista dalla C.C.V.; si prevede, infatti, che il consumatore debba essere informato in forma scritta almeno venti giorni (anziché quindici) prima della partenza (ex art. 13, terzo comma, D. Lgs n. 111/1995 ) e si stabilisce che il viaggiatore abbia il diritto di usufruire di un altro pacchetto turistico oppure abbia il diritto di ottenere il rimborso del corrispettivo già versato (secondo le puntuali indicazioni dell’ art. 13, terzo comma , stesso decreto). In questo senso, l’ art. 7, del D. Lgs n. 111/95 dispone che nel contratto di vendita di pacchetti turistici venga specificatamente indicato il termine entro il quale il consumatore debba essere informato dell'”annullamento” del viaggio per mancata adesione del numero minimo di partecipanti; non altrimenti, l’ art. 9, primo comma, lett. g , del decreto stabilisce che l’opuscolo informativo consegnato al turista deve contenere l’indicazione del numero di aderenti eventualmente necessario per l’effettuazione del viaggio e del termine entro il quale il consumatore debba essere informato dell'”annullamento” del pacchetto turistico (il sistema normativo è completato dal disposto dell’ art. 13, terzo comma ). Così l’ art. 7, lett. p, del DLgs n. 111/95 stabilisce che nel contratto venga indicato il termine entro il quale il consumatore sia tenuto a comunicare la propria scelta in relazione alle modificazioni del contratto. Il risarcimento di ogni ulteriore danno riconosciuto al turista in ipotesi di cancellazione del pacchetto turistico da parte del tour operator per qualsiasi motivo, è stato espressamente escluso per esplicita disposizione dell’ art. 13, terzo comma , qualora il recesso unilaterale dell’organizzatore sia dovuto al mancato raggiungimento del numero minimo dei partecipanti al viaggio tutto compreso oppure a causa di forza maggiore.
Aumento del prezzo
La CCV consente all’organizzatore di richiedere un prezzo più alto di quello pattuito, qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 11, n. 1 (Variazioni nel corso dei cambi o delle tariffe dei vettori e previsione della possibilità di aumento nel documento di viaggio). Al viaggiatore è consentito il recesso dal contratto “senza indennizzo né rimborso” e con restituzione di quanto corrisposto all’organizzatore, nel solo caso in cui l’aumento superi il 10 per cento. Praticamente, quindi, la CCV assicura all’organizzatore una illimitata facoltà di recesso “senza indennizzo”, pur in contrasto con l’art. 10, in tutti i casi in cui aumenti del prezzo, anche se non motivati, siano contenuti entro il 10 per cento.
Nel recepire le numerose disposizioni innovative e le dettagliate indicazioni proposte dalla normativa comunitaria, ( art. 4.6 ) l’ art. 11, primo comma, DLgs n. 111/95 , prevede un generale divieto di revisione, tanto in aumento quanto in diminuzione, del “prezzo” globale pattiziamente convenuto tra le parti del contratto di vendita di un pacchetto turistico, mentre consente una variazione del corrispettivo dovuto dal turista al tour operator solamente a condizioni specificatamente stabilite ed in ipotesi tassativamente indicate. In particolare, la modificazione del prezzo forfetario del servizio tutto compreso, a condizione che nel contratto di viaggio sia stata espressamente contemplata tale eventualità e siano state puntualmente definite le modalità di calcolo, è consentita solamente in conseguenza della variazione del costo del trasporto, del carburante, dei diritti e delle tasse, quali quelle di atterraggio, di sbarco o di imbarco nei porti e negli aeroporti, nonché del tasso di cambio applicato.
A norma dell’ art. 11, quarto comma , del decreto legislativo, inoltre, viene stabilito che il tour operator non possa comunque disporre un aumento del prezzo forfetario del pacchetto turistico nei venti giorni che precedono la partenza. A completamento della disciplina normativa della fattispecie, inoltre, il decreto legislativo stabilisce che la variazione in aumento disposta dal tour operator nelle ipotesi tassativamente indicate non può in ogni caso essere superiore al dieci per cento del “prezzo globale di vendita” del pacchetto turistico nel suo originario ammontare ( art. 11, secondo comma ), salvo precisare che, qualora la revisione in aumento superi la percentuale indicata, l’acquirente ha il diritto di recedere dal contratto ( art. 11, terzo comma ) e di beneficiare della disciplina prevista dall’ art. 13 del decreto legislativo (il riferimento al “previo” rimborso delle somme già corrisposte all’operatore turistico risulta, pertanto, pleonastico e fuorviante).
- Obblighi assicurativi
La previsione di un’assicurazione obbligatoria risponde ad una generale ed ormai consolidata tendenza degli ordinamenti giuridici più evoluti all’utilizzazione dello strumento assicurativo in funzione sostitutiva della responsabilità contrattuale. Il legislatore delegato, nel prevedere l’assicurazione obbligatoria dell’organizzatore e del venditore a copertura della “responsabilità civile verso il consumatore” nei massimali corrispondenti ai limiti risarcitori di cui agli artt. 15 e 16 del decreto , (art. 20 n. 1) ha mostrato così ampia sensibilità per il processo di sostituzione del regime di responsabilità per colpa con un sistema assicurativo obbligatorio. Per quanto concerne le polizze assicurative di assistenza al turista, l’art. 20, secondo comma, ne fa oggetto di una mera “facoltà”. Unico obbligo del tour operator o del travel agent al riguardo è infatti quello di informare il consumatore per iscritto della possibilità di sottoscrivere un “contratto di assicurazione a copertura delle spese sostenute dal consumatore per l’annullamento del contratto o per il rimpatrio in caso di incidente o malattia” (art. 8, secondo comma, lett. e).
A dire il vero, la disposizione non presenta connotati di particolare novità, rispondendo ad una generale ed ormai consolidata tendenza degli ordinamenti giuridici più evoluti ad utilizzare lo strumento assicurativo in funzione sostitutiva della responsabilità contrattuale. La fondamentale esigenza, per l’operatore economico, di ottenere una copertura assicurativa in grado di garantire un integrale trasferimento, a carico dell’assicuratore, dei rischi di impresa, che egli non potrebbe il più delle volte fronteggiare neppure con l’uso della ordinaria diligenza, del resto, trova già nella materia in esame un significativo riscontro normativo. Basti pensare alla generalizzata scelta del legislatore regionale di imporre alle agenzie di viaggio, oltre all’obbligo di versare “un congruo deposito cauzionale” già sancito dall’ art. 9, legge n. 217/1983 ed ora ribadito dall’ art. 2, comma 4, lett. f, della legge n. 135/2001 di riforma della legislazione nazionale in materia di turismo, che demanda al d.P.C.M. attuativo la determinazione del limite minimo e massimo da applicare ad eventuali cauzioni), anche quello di stipulare polizze assicurative a garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi assunti verso i clienti (la norma, talora, opportunamente prevede l’estensione dell’obbligo anche a favore delle associazioni senza scopo di lucro esercenti attività turistiche).
E perfino superfluo appare ricordare la radicale differenza ontologica che sussiste fra l’istituto dell’assicurazione di responsabilità civile dell’agenzia di viaggi e quello dell’assicurazione infortuni del viaggiatore diffuso nella prassi commerciale del vettore.
In funzione di tutela dell’utente è chiaramente dettata la obbligatoria previsione dell’indicazione nel contratto degli “estremi della copertura assicurativa e delle ulteriori polizze convenute con il viaggiatore” (art. 7, primo comma, lett. e).
- Il Fondo di Garanzia
La proposta di direttiva imponeva agli Stati membri (art. 7) l’adozione di misure atte a garantire la copertura assicurativa obbligatoria della responsabilità civile dell’organizzatore e l’istituzione di fondi di garanzia per il pagamento a favore del consumatore di indennità non altrimenti coperte. Nel testo definitivo (art. 7) la prescrizione è stata sensibilmente attenuata non già nel suo carattere imperativo, posto che comunque organizzatore e/o venditore hanno l’obbligo di dare “prove sufficienti di disporre di garanzie per assicurare, in caso di insolvenza o di fallimento, il rimborso dei fondi depositati e il rimpatrio del consumatore”, quanto invece nella individuazione dei concreti strumenti di tutela del consumatore, così demandata alla discrezionale scelta dei tour operator e dettaglianti, salvo che gli Stati membri, in sede di attuazione della direttiva, non reintroducano forme predeterminate di strumenti di garanzia.
Recependo un’esigenza largamente diffusa nel settore turistico, il legislatore delegato ha previsto all’art. 21 l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un Fondo nazionale di garanzia il cui scopo è quello di “consentire in caso di insolvenza o fallimento del venditore o dell’organizzatore, il rimborso del prezzo versato o il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all’estero”, nonché “fornire un’immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell’organizzatore”. L’art. 21, secondo comma, prevede che le disponibilità finanziarie del fondo siano garantite “annualmente” da una quota “pari allo 0,5 per cento dell’ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria”, previste dall’art. 20; la quota è stata di recente portata “al 2 per cento” dall’ art. 15, comma 2, della legge 5-3-2001, n. 57 , disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati.
Il sistema normativo è stato recentemente completato con le disposizioni introdotte dal d.m. 23 luglio 1999, n. 349 , recante norme per la gestione ed il funzionamento del Fondo nazionale di garanzia per il consumatore di pacchetto turistico, la cui emanazione era stata prevista dall’ art. 21, comma quinto, del D.Lgs. n. 111/1995 , entro tre mesi dalla pubblicazione dello stesso decreto nella Gazzetta Ufficiale (vale a dire, entro il termine ultimo del 15 luglio 1995).
Il grave ritardo con il quale è stato attivato il Fondo di garanzia ha esposto il nostro Paese al concreto rischio di subire una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata adozione di uno degli strumenti essenziali per la tutela del turista consumatore. Così si è verificato, infatti, per altri Stati membri dell’Unione Europea che hanno omesso di adottare le norme di gestione e funzionamento del Fondo. Il leading case è rappresentato dalla sentenza della Corte di giustizia 8 ottobre 1996, nelle cause riunite C-178/94, C-179/94, C-188/94, C-189/94, C-190/94, Dillenkofer ed altri, che ha dichiarato la Germania responsabile per la mancata attuazione dell’ art. 7 della direttiva 90/314/CEE , condannando lo Stato inadempiente agli obblighi comunitari a risarcire i danni subiti da alcuni turisti tedeschi, per effetto dell’insolvenza del tour operator al quale si erano rivolti, non avevano potuto effettuare il viaggio o erano stati costretti a rientrare a proprie spese senza riuscire ad ottenere il rimborso delle somme già corrisposte.
La costituzione del Fondo di garanzia, pertanto, non può non essere vista favorevolmente come ulteriore tappa per un significativo rafforzamento degli strumenti di garanzia della qualità dei servizi offerti dai produttori di pacchetti turistici ed al contempo di tutela dell’utenza. Al carattere innovativo ed indubbiamente positivo della previsione di cui all’ art. 21 D.Lgs. n. 111/1995 , tuttavia, non sempre si sono accompagnate misure attuative tali da garantire un’adeguata funzionalità del Fondo di garanzia e da assicurare un’efficace tutela dei consumatori.
I rilievi critici concordemente formulati dalle associazioni di categoria, dalle agenzie di viaggio e dagli stessi consumatori, che già si erano appuntati sul progetto di regolamento, possono essere riproposti in maniera sostanzialmente analoga rispetto alle disposizioni del d.m. 349/1999 : la scarsità delle dotazioni finanziarie, da un lato; l’inadeguatezza dei moduli di gestione prescelti a garantire quei risultati di celerità ed efficacia di intervento che è ragionevole attendersi da un Fondo di garanzia, dall’altro.
Sotto il primo aspetto, le critiche dovrebbero, a dire il vero, essere rivolte più al decreto legislativo che al regolamento. L’ art. 21, secondo comma, del D.Lgs. n. 111/1995 e l’ art. 6 del d.m. 349/1999 prevedono che le disponibilità finanziarie del Fondo siano garantite annualmente da una quota pari allo 0,5 al 2% per cento dell’ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria previste all’ art. 20 del decreto legislativo . La quota dello 0,5 per cento dell’ammontare del premio delle polizze assicurative con cui il Fondo è alimentato, è destinata infatti a garantire ben poche risorse. Si tratta evidentemente di una dotazione finanziaria assolutamente inadeguata a garantire, ancor prima che il soddisfacimento delle esigenze di rimpatrio dei turisti e di rimborso delle somme anticipate, lo stesso funzionamento del Fondo. L’esperienza di altri Paesi europei ha infatti dimostrato che in situazioni di emergenza dovute a fallimento o dissesto finanziario degli operatori, esclusivamente un fondo dotato di grandi disponibilità finanziarie e di immediata liquidità può garantire interventi capaci di far fronte alle primarie e fondamentali esigenze dei turisti: in specie il rimpatrio. Per temperare gli effetti negativi dell’insufficiente dotazione del Fondo di garanzia, peraltro, l’art. 1, quarto comma, del regolamento prevede che, al fine di assicurare al comitato di gestione un’immediata disponibilità economica, il Dipartimento del turismo stipuli un’apposita convenzione triennale con un istituto di credito.
Sotto il secondo profilo, invece, è perfino intuitivo segnalare la necessità che la gestione del Fondo sia improntata a criteri di elasticità imprenditoriale e dinamismo manageriale, sì da garantirne efficienza e produttività, pur sotto il controllo della pubblica amministrazione. Sarebbe stato opportuno quantomeno prevedere, come avviene in altri Paesi nei quali già da tempo operano fondi analoghi, la partecipazione alla gestione di rappresentanti dei produttori di viaggio e dei consumatori. Da questo punto di vista, invece, l’assetto prefigurato dal d.m. 349/1999 risulta anche peggiorativo rispetto al progetto di regolamento. Laddove quest’ultimo stabiliva una limitata (e del tutto insufficiente) rappresentatività dei soggetti che, da soli, finanziano il Fondo, prevedendo la partecipazione di un esponente degli agenti di viaggio nel comitato di gestione (di otto membri), l’art. 2 del decreto accentua la burocratizzazione dell’organo, affidando la gestione del Fondo, costituito presso il Dipartimento del turismo (art. 1), ad un comitato di gestione composto di quattro membri: il capo del Dipartimento stesso, un rappresentante del Ministero degli affari esteri, un funzionario del Ministero dell’industria ed un funzionario del Ministero del tesoro (art. 2). Nell’esperienza degli altri fondi, invece, la rappresentanza dei soggetti privati a diverso titolo interessati è ben più rilevante: tre mediatori, nel Fondo di garanzia per l’attività dei mediatori di assicurazione; tre rappresentanti delle associazioni nazionali di categoria degli esercenti attività imprenditoriali, artigianali, commerciali ecc., nel Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione; due rappresentanti degli utenti degli autoveicoli, nel Fondo di garanzia per le vittime della strada. Come i recenti avvenimenti hanno dimostrato, comunque, difficilmente si potrà prescindere da un diretto coinvolgimento degli operatori turistici le cui prestazioni contribuiscono alla formazione del pacchetto a forfait (tour operator, agenti di viaggio, albergatori, vettori, ed altri), ovvero da un più razionale utilizzo dei depositi cauzionali o delle fideiussioni che le agenzie di viaggio sono tenute a rilasciare alle competenti autorità regionali o provinciali, senza peraltro grandi benefici in termini di garanzia per l’utenza.
Il regolamento disciplina nel dettaglio le competenze e l’organizzazione del Fondo, la composizione e le funzioni del comitato di gestione, le modalità per l’intervento del Fondo nei casi di urgenza e fuori dei casi di urgenza, il sistema di contribuzione e le modalità per l’esecuzione dei pagamenti. In proposito, occorre mettere in rilievo come il Fondo possa intervenire esclusivamente nei casi in cui il contratto di viaggio sia stato stipulato nel territorio nazionale da un organizzatore o da un venditore in possesso di regolare autorizzazione amministrativa (art. 1, terzo comma, del regolamento). Va segnalato, inoltre, che entro tre mesi dalla data prevista per la conclusione del viaggio il turista è tenuto a presentare al comitato di gestione una domanda corredata dall’originale del contratto di viaggio, dalla copia della ricevuta del versamento della somma corrisposta all’agenzia di viaggio, da ogni elemento atto a comprovare la mancata fruizione dei servizi pattuiti ( art. 5 d.m. 349/1999 ). Si tratta di una previsione che, per quanto giustificata dall’esigenza di consentire al Fondo di avvalersi del diritto di rivalsa, rende particolarmente onerosa per il turista l’attivazione della procedura di accesso alle erogazioni del Fondo di garanzia, specie quando richiede la trasmissione della copia della ricevuta di pagamento e, soprattutto, dell’originale del contratto di viaggio. Questa si risolve, infatti, in una disposizione che, nella prassi degli operatori commerciali, finirà indirettamente per incidere sulle modalità di conclusione del contratto, introducendo elementi di discrasia rispetto alle previsioni dello stesso D.Lgs. n. 111/1995 . L’art. 6 del decreto, infatti, non impone alle parti alcun particolare requisito formale per la stipulazione del contratto di vendita di pacchetti turistici, limitandosi a stabilire che sia “redatto” in forma scritta, in termini chiari e precisi, e che sia rilasciata al turista una “copia del contratto stipulato, sottoscritto o timbrato dall’organizzatore o venditore”.
In definitiva, fermo restando che l’attivazione del Fondo rappresenta certamente un rilevante progresso negli strumenti di tutela del turista ed evidenzia una più matura sensibilità el nostro ordinamento per le esigenza di protezione dei consumatori, l’apprestamento di una struttura idonea a garantire il soddisfacimento delle esigenze di rimpatrio dei viaggiatori e di rimborso delle somme anticipate in caso di insolvenza o fallimento degli agenti di viaggio richiede ancora alcuni perfezionamenti tanto in sede legislativa, quanto in sede amministrativa.
- La prescrizione e la decadenza
Nell’ambito della sfera di applicazione della CCV, l’esercizio delle azioni fondate sul “contratto di viaggio” è assoggettato ad un termine di prescrizione abbreviata: due anni per le azioni di risarcimento dei danni causati da lesioni all’integrità fisica o psichica del viaggiatore (art. 30, n. 1), un anno per le azioni di altro genere (art. 30, n. 2). E’ da escludere l’estensione dell’applicazione di tali termini alle azioni di danno intentate in via extracontrattuale.
Nell’ambito delle previsioni sul regime di responsabilità è contenuta anche la disciplina sulla prescrizione, che si articola in una serie di termini di durata abbreviata rispetto all’ordinaria prescrizione decennale. Il diritto al risarcimento del danno alla persona del turista si prescrive in tre anni, poi ridotti “a diciotto o dodici mesi, per quanto attiene all’inadempimento di prestazioni di trasporto comprese nel pacchetto turistico per le quali si applica l’art. 2951 Codice civile” ( art. 15, secondo comma, D. Lgs. n. 111/1995 ).
Non mancano certo profili critici sulla normativa. Anzitutto appare un evidente ambiguità l’individuazione del dies a quo nella “data del rientro del viaggiatore nel luogo di partenza” posto che si fa riferimento al rientro nel luogo di partenza con conseguente interezza interpretativa per ipotesi cui tale rientro non abbia luogo. Non meno grave poi è un altro elemento innovativo introdotto dal decreto. Ci si riferisce alla previsione dettata dall’ art. 15, secondo comma , secondo cui il termine prescrizionale di tre anni non pregiudica comunque l’operatività del più breve termine “di diciotto o dodici mesi per quanto attiene all’inadempimento di prestazioni di trasporto comprese nel pacchetto turistico per le quali si applica l’ art. 2951 Codice civile “.
L’espressione è quanto mai enigmatica e sicuramente foriera di gravi incertezze interpretative, che non potranno non incentivare quelle occasioni di contenzioso che invece la disciplina comunitaria si era posto il conclamato obiettivo di prevenire. L’unico significato che si può razionalmente attribuire alla disposizione, pare essere quello di avere voluto delimitare il campo di operatività del termine triennale ai diritti risarcitori per danni alle persone derivanti da inadempimento delle prestazioni a carico del tour operator o del travel agent diverse da quelle di trasporto. Praticamente, quindi, il consumatore che lamenti danni alla persona di cui vengono considerati responsabili l’organizzatore o il venditore per fatti attinenti ai servizi di trasporto, dovrà esercitare il proprio diritto entro il termine di un anno, elevato a diciotto mesi se il trasporto ha inizio o termine fuori d’Europa. Se invece il danno deriva dalle altre prestazioni comprese nel pacchetto turistico (albergo ad esempio) ovvero dall’inadempimento delle altre (obbligazioni a carico del tour operator o del travel agent, quelle di organizzazione, di assistenza, di informazione, od altre) il termine di prescrizione rimane di tre anni. Uno dei pochi elementi di certezza concerne l’eliminazione di dubbi di sorta circa la natura giuridica del termine cui è assoggettato l’esercizio dei diritti risarcitori da parte del consumatore. Il fatto che l’art. 30 C.C.V. avesse individuato nell’azione l’istituto giuridico direttamente coinvolto dall’effetto estintivo proprio della prescrizione ivi disciplinata, avrebbe potuto far dubitare della natura di decadenza più che di prescrizione del termine di tre o due anni contemplato dalla disciplina uniforme. Con il riferimento degli effetti estintivi del decorso del tempo al diritto, anziché all’azione il legislatore delegato invece ha eliminato ogni dubbio interpretativo sulla natura giuridica di prescrizione anziché di decadenza del termine previsto. L’art. 19 prevede poi due diverse tipologie di adempimenti che l’utente deve osservare se vuole chiedere il risarcimento dei danni:
- a) la contestazione che il consumatore deve effettuare senza ritardo nel corso dell’esecuzione del contratto riguardo ad ogni mancanza affinché l’organizzatore, il suo rappresentante locale o l’accompagnatore vi pongano tempestivamente rimedio;
- b) il reclamo vero e proprio che deve essere presentato dal consumatore mediante l’invio di una raccomandata con avviso di ricevimento all’organizzatore o al venditore entro e non oltre dieci giorni lavorativi dalla data del rientro presso la località di partenza.
La scarsa precisione tecnica, anche a questo riguardo riscontrabile nel decreto, pone problemi di non facile, ma soprattutto univoca soluzione nell’interpretazione della norma, con conseguente incertezza sul contenuto della disciplina del contratto di pacchetto turistico. Anzitutto suscita perplessità la scelta di differenziare in due diversi momenti la denuncia delle inadempienze del tour operator o del travel agent. A ciascuno di questi incombenti, uno da espletare durante l’esecuzione del viaggio o soggiorno, l’altro al termine, sono ricollegabili specifiche conseguenze giuridiche, sì che l’azione risarcitoria del consumatore è esposta ad un duplice (anzi triplice, se si pensa alla prescrizione abbreviata) rischio di preclusioni in relazione a tardive od addirittura mancanti denunce del vizio o della difformità nella prestazione turistica. Per quanto poi concerne la contestazione di cui all’art. 19, primo comma, non è espressamente enunciata la sanzione ricollegabile all’inosservanza della norma. L’individuazione del fine perseguito con la previsione normativa (consentire all’organizzatore di porre tempestivamente rimedio alla mancanza contestata) costituisce un convincente criterio ermeneutico per individuare nell’adempimento richiesto al consumatore una fattispecie riconducibile al più generale obbligo del danneggiato di cooperare con il danneggiante per ridurre il danno ( art. 1227 Codice civile ).
La presentazione del reclamo vero e proprio pone diversi problemi.
Innanzitutto la individuazione del dies a quo per la quale, stante la formula adottata si pongono gli stessi problemi già individuati con riferimento all’ambiguo disposto di cui all’ art. 15, secondo comma . Ma ancor più complesso è il problema di individuare la natura giuridica del termine di 10 giorni assegnato al consumatore per la presentazione del reclamo. Già sono state avanzate diverse soluzioni interpretative, anche se l’imposizione al consumatore di un termine entro il quale il reclamo deve essere presentato, sembra inequivocabilmente delineare quell’esigenza del compimento di un atto determinato entro un dato termine, che è naturalmente alla base dell’istituto della decadenza. Pur nella singolarità della previsione di un termine perentorio da esercitare a pena di decadenza, espressa come una mera facoltà (“può”), sembra quindi ravvisarsi nel disposto di cui all’ art. 19, secondo comma , una vera e propria ipotesi di decadenza legale.
- Gli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie
Il mancato inserimento nel decreto di soluzioni idonee a garantire rapide, efficienti ed economiche procedure di composizione alternativa delle controversie, impone di far ricorso agli strumenti generalmente riconosciuti dall’ordinamento processuale interno. Anche se il codice del consumo illustra tutta una serie di strumenti auspicabilmente destinati a trovare presto attuazione concreta.
Per quanto attiene agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, il ricorso all’arbitrato era già previsto dall’art. 29 ccv.
Secondo la Convenzione, il patto deve esplicitamente dichiarare che gli arbitri decideranno in base alle norme della ccv, mentre l’art. 6, par. 1, lett. i), prevede che la clausola debba essere esplicitamente enunciata nel documento di viaggio.
Più in generale, il quadro in cui si collocano gli strumenti destinati a favorire una rapida composizione delle controversie nel settore turistico è piuttosto deludente. La conflittualità ha sinora risentito dell’esiguo valore unitario delle controversie che speso induce il consumatore a rinunciare all’azione per la tutela dei diritti pregiudicati. Il legislatore delegato non ha saputo cogliere l’occasione, che l’attuazione della direttiva gli offriva, di introdurre strumenti più idonei a rendere giustizia nei casi di micro conflittualità, tipica dell’esperienza turistica. Si tratta di ipotesi che non vengono solitamente deferite all’autorità giudiziaria per l’esiguità della materia del contendere in rapporto ai costi del processo civile e che talora trovano sfogo in campagne di stampa volte a screditare non già i singoli episodi oggetto del contenzioso, ma la generale immagine dell’industria turistica. Nel testo del decreto non c’è alcuna traccia del favore per gli istituti arbitrali che, soprattutto nella forma di small claims arbitration, potrebbero risultare particolarmente efficaci al fine di rendere giustizia nei numerosi casi di piccole conflittualità cui la fruizione dei servizi turistici dà luogo. Non mancano altre strade utilmente percorribili in questa prospettiva di ricerca di strumenti alternativi a quelli giudiziali per la soluzione delle controversie nel settore turistico. Dallo sviluppo delle procedure out-of-court di “risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti” per iniziativa delle Camere di Commercio, la cui competenza è ora riconosciuta dall’ art. 2, comma 4, lett. a), della legge 29-12-1993, n. 580 . Alla istituzione del difensore civico del turista, secondo una proposta legislativa peraltro mai approvata, che è divenuta realtà in alcune località turistiche. Più in generale a tutti gli strumenti alternativi a quelli tradizionali di composizione delle controversie originate dai contratti turistici.
In questa prospettiva presenta particolare interesse quanto stabilito dall’ art. 4, comma 3, della legge n. 135/2001 , di riforma della legislazione nazionale in materia di turismo. Accanto alla previsione di uno specifico strumento di informazione e promozione dei diritti del consumatore, identificato come “Carta dei diritti del turista”, la nuova legge quadro interviene altresì per rendere concretamente operativa la tutela dei diritti del consumatore. L’ art. 4, comma 3 , prevede infatti che le Camere di commercio, singolarmente o in forma associata, costituiscano apposite commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti inerenti la fornitura di servizi turistici. E’ fatta salva la facoltà degli utenti, in caso di conciliazione per la risoluzione di controversie con le imprese turistiche, di avvalersi dell’assistenza delle associazioni dei consumatori. Del medesimo strumento conciliativo o arbitrale, vale la pena di segnalarlo, è previsto che possano avvalersi le stesse imprese in caso di contenzioso insorto con altra impresa, sempre a condizione che si tratti di questioni relative alla fornitura di servizi turistici. Occorre certo riconoscere come si tratti di misure che, se troveranno corretta applicazione, potranno contribuire in maniera significativa ad incoraggiare forme di semplificazione delle controversie. Nella prospettiva indicata si colloca anche la scelta operata dalla Regione Veneto con la legge 4 novembre 2002, n. 33, “Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo”. Tra le misure dirette alla tutela dei consumatori, al fine di agevolare una rapida soluzione del contenzioso tra le agenzie viaggi ed i loro clienti, si è incentivato il ricorso a procedure arbitrali e di conciliazione anche attraverso le apposite commissioni istituite presso le Camere di commercio (art. 70, legge citata). Allo stesso modo, la legge Regione Friuli-Venezia Giulia 16 gennaio 2002, n. 2, nell’introdurre una “Disciplina organica del turismo” regionale, prevede che le Camere di commercio costituiscano commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e utenti inerenti la fornitura di servizi turistici (art. 2, comma 3, legge citata).
Riveste grande interesse, infine, la positiva esperienza di alcuni network di agenzie di viaggi che da tempo offrono ai propri clienti una serie di servizi giuridici particolarmente evoluti. Tra questi si segnala, soprattutto, la possibilità di ottenere un parere legale, qualora si verifichi un disservizio durante il viaggio, che indichi alle parti coinvolte la via di una possibile composizione amichevole delle controversie, oltre alla possibilità di usufruire di un servizio di conciliazione al quale le parti sono chiamate ad aderire volontariamente.