Ancora una volta, un giudice assolve un cittadino che aveva mentito sui propri spostamenti durante il lockdown. Ecco perché.
Rischia di aver subìto il definitivo colpo di grazia l’autocertificazione richiesta dalla normativa anti-Covid per giustificare gli spostamenti nelle zone di lockdown. Dopo il tribunale di Reggio Emilia, che l’11 marzo scorso assolse una coppia dall’accusa di falso ideologico per aver mentito su quanto scritto nella certificazione, ora anche il gup di Milano ha fatto altrettanto con un ragazzo che ha «barato» nello spiegare alle forze dell’ordine perché si trovava in una stazione ferroviaria, in pieno centro città. In entrambi i casi, la motivazione è praticamente la stessa: poiché un Dpcm è un provvedimento amministrativo, non esiste formalmente alcuna norma giuridica che obblighi un cittadino a riportare la verità sull’autocertificazione prodotta durante l’emergenza Covid. Non solo: per il giudice delle udienze preliminari meneghino, è incostituzionale punire penalmente le false dichiarazioni di chi ha scelto «legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni».
Quest’ultima vicenda ha origine la primavera scorsa, durante il primo lockdown duro nazionale. Il ragazzo veniva fermato alla stazione di Cadorna, nel pieno centro di Milano, per un controllo. Agli agenti aveva raccontato che stava tornando a casa dal lavoro, ed aveva consegnato loro la relativa autocertificazione. La Polizia, però, ha voluto verificare se il giovane aveva raccontato la verità oppure aveva tentato di prenderli in giro. Così, qualche giorno dopo, hanno scritto via e-mail al suo datore il quale, in effetti, ha confermato che il ragazzo è un suo dipendente ma che quel giorno non era di turno.
Da qui la denuncia per falso ideologico in atto pubblico ed il processo con rito abbreviato. Per il giudice, però, non c’è alcun obbligo di dire la verità sull’autocertificazione anti-Covid, quindi nessuna sanzione.
Il magistrato, infatti, ha spiegato che il fatto non sussiste perché non c’è «alcun obbligo giuridico per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di dire la verità sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica». Quindi, aggiunge il gup, mentire è lecito. E spiega perché.
Si legge nella sentenza che chi viene fermato per un controllo del genere si ritrova in una difficile posizione. Se dice la verità, è «consapevole di poter essere sottoposto a indagini» per il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, cioè per essere uscito di casa o dal proprio Comune senza motivo giustificato. Se, invece, dice una bugia, rischia il reato di falso ideologico in atto pubblico. Per il giudice, «questa alternativa di scelta» tra il vero e il falso «contrasta con il diritto di difesa della persona». Altrimenti, «si dovrebbe sostenere che il privato sia obbligato a dire il vero nell’autodichiarazione, pur sapendo che ciò potrebbe comportare la sua sottoposizione a indagini per un reato o, come in questi casi ora, a sanzioni amministrative pecuniarie».
Ciliegina sulla torta, il fatto che il controllo successivo sull’autocertificazione prodotta per l’emergenza Covid circa la veridicità di quanto dichiarato dai privati è, secondo il gup, «solo eventuale e non necessario da parte della pubblica amministrazione e, quindi, tanti presunti atti falsi possono rimanere privi di sanzioni».