Come si calcola il patteggiamento? Quando si può patteggiare? Chi presenta richiesta di pena concordata? Cos’è il patteggiamento ristretto?
Sicuramente saprai cos’è il patteggiamento: in televisione, durante la cronaca giudiziaria, non si fa altro che parlare di persone, a volte anche famose, che patteggiano per evitare il carcere oppure per ottenere una pena ridotta. E in effetti, il patteggiamento serve proprio a questo: ad impedire che una condanna possa essere troppo “pesante” per chi deve scontarla, soprattutto quando il carico probatorio raccolto dalla pubblica accusa sembra talmente solido da non poter essere intaccato in dibattimento. Il patteggiamento (o meglio, l’applicazione della pena su richiesta delle parti, così come denominata dal codice di procedura penale) è un procedimento speciale di natura premiale: tu rinunci al dibattimento e, quindi, ad impegnare la giustizia in un procedimento che durerà anni e anni, con dispendio di tempo, energie e denaro, e in cambio ottieni uno sconto di pena fino a un terzo, l’inapplicabilità di pene accessorie e di misure di sicurezza (fatta eccezione per la confisca), l’esenzione dal pagamento delle spese di giudizio e la possibilità che, mantenendo una buona condotta, il reato possa addirittura essere dichiarato estinto. L’unico problema è che la sentenza di patteggiamento è equiparata ad una sentenza di condanna: pertanto, patteggiare significa dichiararsi colpevoli. Con questo articolo, però, non ho intenzione di disquisire giuridicamente sull’applicazione della pena su richiesta delle parti, bensì di spiegarti concretamente come patteggiare una pena. Devi sapere, infatti, che il patteggiamento non può essere chiesto per ogni tipo di reato, ma solamente per quelli che, tenuto conto di tutte le circostanze e della riduzione per la scelta del rito, possano essere sanzionati con una pena non superiore ad un limite fissato dalla legge. Inoltre, non puoi chiedere il patteggiamento a dibattimento già iniziato: per farlo, dovrai rispettare una tempistica ben precisa. Nei prossimi paragrafi ti spiegherò come rispettare tutti i limiti che la legge ha imposto a questo speciale rito: in pratica, ti dirò come patteggiare una pena.
Indice:
1 Quando si può patteggiare una pena?
2 Chi può patteggiare una pena?
3 Come si patteggia una pena?
4 Come si calcola il patteggiamento?
Quando si può patteggiare una pena?
Come patteggiare una pena? Cominciamo dai limiti oggettivi del patteggiamento, cioè da quelli ancorati all’entità della pena. L’ordinamento ha pensato di restringere l’applicazione di questo rito solamente ai casi in cui, considerate tutte le circostanze attenuanti e aggravanti, nonché lo sconto di pena fino ad un terzo proprio della procedura, la pena non superi i cinque anni di reclusione o di arresto. La pena pecuniaria non viene computata nel calcolo [1].
Il codice di procedura penale, però, elenca una serie di reati per i quali l’imputato può accedere al rito di cui ci occupiamo solamente se la pena finale non superi i due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria (cosiddetto patteggiamento ristretto): si tratta dei reati di violenza sessuale semplice o di gruppo; atti sessuali con minorenne; prostituzione e pornografia minorile; associazione per delinquere di stampo mafioso, ed altri per i quali si rimanda alla lettura del codice di procedura penale.
Inoltre, nei procedimenti per alcuni delitti commessi da pubblici ufficiali (peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita e istigazione alla corruzione), l’ammissibilità della richiesta di patteggiamento è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
Chi può patteggiare una pena?
Veniamo ora ai limiti soggettivi: chi può patteggiare una pena? La risposta è piuttosto scontata: sicuramente colui che è accusato di aver commesso un reato, cioè l’imputato. In realtà, può patteggiare una pena anche l’indagato, cioè colui nei confronti del quale non è stato ancora richiesto il rinvio a giudizio, essendo ancora in corso le indagini preliminari. In quest’ultimo caso, il g.i.p. fisserà un’apposita udienza ove prendere visione dell’accordo ed, eventualmente, ratificarlo con sentenza.
Nella prassi, è molto più frequente che sia il difensore dell’indagato/imputato a richiedere il patteggiamento: la legge consente espressamente all’avvocato munito di procura speciale di accedere al rito premiale su delega del proprio assistito [2]. In pratica, se non vuoi presenziare all’udienza personalmente, è sufficiente che tu conferisca procura speciale ad altra persona (generalmente, all’avvocato) che esprima la tua volontà al tuo posto.
Giunti a questo punto, devo precisarti una cosa: di solito (praticamente sempre) è l’indagato/imputato (o il suo difensore munito di procura speciale) a manifestare la volontà di concludere la vicenda processuale mediante patteggiamento. Quindi, è l’avvocato che bussa alla porta dell’ufficio del p.m. per proporgli un accordo. Devi sapere, però, che tale accordo giunge al giudice quando già è stato formato; voglio dire che, agli occhi del giudice, il patteggiamento viene proposto da entrambe le parti, cioè dalla difesa e dalla pubblica accusa. Non a caso, la legge dice espressamente che «L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice» l’applicazione di una pena concordata; non solamente l’imputato.
Con questo voglio dirti che l’imputato può patteggiare la pena ma, tecnicamente parlando, sebbene l’iniziativa sia sempre della difesa, la richiesta che giunge al giudice è congiunta. Da qui una conseguenza importantissima: non si può patteggiare se non il c’è consenso del pubblico ministero.
Come si patteggia una pena?
Vediamo ora, concretamente, come si patteggia una pena. Innanzitutto, il patteggiamento deve essere richiesto entro tempi certi: la sede d’elezione è l’udienza preliminare; se manca, il patteggiamento deve essere chiesto alla prima udienza, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo, ovvero entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato.
Il patteggiamento, come anticipato, deve essere concordato con il magistrato del pubblico ministero: ciò significa che, se v’è il consenso di quest’ultimo, le parti si siedono a tavolino e calcolano la pena finale da irrogare, purché, ovviamente, rientri nei limiti dei cinque anni sopra detti.
Come si calcola il patteggiamento?
Momento cruciale: il tuo avvocato ha chiesto al p.m. il patteggiamento e questi ha accettato. Giunge il momento più delicato: quello di quantificare la pena. Come si calcola il patteggiamento? Te lo spiego subito, con questo semplice schema che prende come esempio il reato di truffa, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro:
pena base (scelta di comune accordo dalle parti) = nove mesi di reclusione e novecento euro di multa;
riduzione di 1/3 per la concessione delle attenuanti generiche = sei mesi di reclusione e seicento euro di multa;
diminuzione di un terzo per la scelta del rito = quattro mesi di reclusione e quattrocento euro di multa.
Tieni presente che la pena pecuniaria (cioè la multa) è irrilevante per la concessione del patteggiamento, nel senso che l’unico limite riguarda gli anni di reclusione, non l’importo della sanzione economica. Nell’esempio fatto, poi, trattandosi di pena molto bassa, inferiore ai due anni, sarà possibile concedere anche il beneficio della sospensione condizionale della pena (salve condanne pregresse che ne impediscano l’applicazione).
Il calcolo potrebbe essere più difficile se siano presenti circostanze aggravanti che neutralizzino le attenuanti, oppure se v’è aumento per la continuazione. Poniamo il caso del truffatore seriale, accusato di aver raggirato più persone e di essersi impossessato di una grande quantità di denaro altrui. Il calcolo potrebbe essere così:
pena base = dodici mesi di reclusione;
circostanze aggravanti equivalenti alle attenuanti generiche = dodici mesi (nessuna variazione);
aumento per la continuazione = quindici mesi;
diminuzione di un terzo per la scelta del rito = dieci mesi.
Se le circostanze aggravanti fossero state prevalenti, allora al secondo passaggio avresti dovuto aumentare di un terzo, con ulteriore incremento di un terzo per la continuazione e successiva diminuzione per la scelta del patteggiamento.
Note:
[1] Art. 444 cod. proc. pen.; [2] Art. 446 cod. proc. pen..