Diffamazione su blog: chi è responsabile? Sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 13060/21 del 7 aprile 2021.

Le testate online sono equiparate a quelle tradizionali; il direttore risponde dei contenuti che ha pubblicato e per i commenti offensivi che non ha rimosso.

Aprire un blog è facile, gestirlo un po’ meno: soprattutto se le pubblicazioni sono frequenti e toccano temi di attualità o riguardano personaggi di spicco, è facile incappare in responsabilità per il reato di diffamazione. Un blog non è una testata giornalistica e, perciò, non prevede un direttore responsabile e un editore registrato, ma ciò non esclude la responsabilità del suo titolare per i contenuti pubblicati, anche quelli inseriti dagli utenti attraverso i commenti: solo lui infatti è in grado di intervenire per rimuoverli.

Ma se manca un direttore “ufficiale”, quando la diffamazione avviene su blog, chi è responsabile? La giurisprudenza ha chiarito che può esserci una responsabilità concorrente di chi lo gestisce e di chi ha scritto il post contenente le offese. In concreto, però, può essere difficile accertare chi sia stato l’effettivo autore, specie se l’articolo non è firmato: allora si può andare a colpo sicuro puntando sul proprietario del blog, che non ha impedito la pubblicazione delle notizie diffamatorie sul suo spazio web.

Indice:

1 La diffamazione a mezzo stampa

2 La diffamazione online

3 La responsabilità dei blog per diffamazione.

La diffamazione a mezzo stampa

Il reato di diffamazione, che consiste nell’offesa dell’altrui reputazione comunicando con più persone (almeno due) è aggravato se l’offesa «è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità» [1]: in questi casi, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Oggi, in questa nozione rientra non più soltanto la tradizionale stampa cartacea, ma anche qualsiasi altro mezzo di diffusione mediatica, dalla televisione ad Internet in tutte le sue manifestazioni: dunque, figurano a pieno titolo tutti i blog, le chat virtuali, le mailing list ed i social network come Facebook o Instagram. Non bisogna dimenticare, infatti, che può avere contenuto denigratorio ed offensivo non solo un testo scritto, ma anche un’immagine, un video o un messaggio audio. Inoltre, la diffamazione compiuta sul web è particolarmente pericolosa perché la sua divulgazione è istantanea e il messaggio può raggiungere un numero di persone molto ampio e potenzialmente illimitato.

La Corte di Cassazione [2] ha perciò equiparato a tali mezzi di pubblicità esterna anche i sistemi di messaggistica istantanea, come WhatsApp, quando gli insulti vengono manifestati nei “gruppi” di conversazione, dunque riconoscendo in tali casi la sussistenza dell’aggravante del reato di diffamazione.

La diffamazione online

Giornali online, blog, social network: come orientarsi tra tutti questi soggetti che popolano la rete alimentandola con contenuti di ogni genere, che talvolta possono essere diffamatori, e arrivare a individuare il responsabile del reato commesso? Anche qui, la legge [3] stabilisce un criterio di base di estensione della punibilità nei casi in cui è difficile risalire all’effettivo autore dell’articolo offensivo: «Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo».

Quella del direttore responsabile è dunque una responsabilità concorrente, che si aggiunge a quella dell’autore del reato, ed è stabilita a titolo di colpa: la responsabilità penale si fonda sull’omesso controllo che il direttore avrebbe dovuto esercitare, nei suoi poteri di vigilanza, sui contenuti pubblicati dal suo personale o dalle altre persone ospitate sul sito ed abilitate ad inserire e pubblicare contributi.

Ma la giurisprudenza della Cassazione [4] pone da tempo una netta distinzione tra le testate giornalistiche organizzate e i blog occasionali: i titolari di questi ultimi non sono considerati direttori di giornale e, perciò, ad essi non si applica la regola dell’estensione della colpa per omesso controllo, a meno che il blogger non sia stato messo a conoscenza dei contenuti offensivi pubblicati sul suo sito e non li abbia rimossi. In ogni caso, e a prescindere dalla qualifica formale rivestita, l’effettivo direttore del blog o la figura ad esso equiparata (titolare, amministratore, gestore, ecc.) risponde sempre di diffamazione aggravata per i post che ha pubblicato direttamente e se non sono firmati si presumerà fino a prova contraria che egli stesso ne sia l’autore.

La responsabilità dei blog per diffamazione

Una sentenza della Suprema Corte [5] ha adottato un’interpretazione evolutiva della norma di legge sulla diffamazione a mezzo stampa, che ha fatto rientrare nella nozione di «altri mezzi di pubblicità» anche i vari blog, di cui dunque diventano responsabili, per omesso controllo, i rispettivi «direttori». In questo modo, avviene un’equiparazione a tutti gli effetti tra le testate cartacee e quelle telematiche in tutte le loro forme, senza più alcuna distinzione, e si accentua il ruolo di vigilanza di chi cura e gestisce i rispettivi siti, a prescindere dalla professionalità e dalle qualifiche rivestite.

Questa interpretazione, però, non è ancora consolidata ed infatti una pronuncia ancor più recente della Suprema Corte [6] ha corretto il tiro, precisando che «solo la testata giornalistica telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra nel concetto di stampa». Questa nuova sentenza sottolinea che «l’interpretazione costituzionalmente orientata ed evolutiva del termine “stampa”, sebbene imponga di ricomprendervi altresì i periodici telematici, non può tuttavia estendersi ai nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero, quali forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, pagine Facebook o altri social network, dovendo rimanere circoscritta a quei soli casi che, per i profili strutturali e finalistici che li caratterizzano, sono riconducibili alla nozione più estesa di “stampa”, coerente col progresso tecnologico».

Così i blog rimangono fuori dalla responsabilità per omesso controllo sulle pubblicazioni e il loro amministratore non è riconducibile alla figura di un direttore di un giornale di stampa periodica organizzata (in forma tradizionale o anche online): per questa nuova sentenza solo una vera e propria testata giornalistica telematica è «funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo» e come tale rientra nel concetto di stampa.

Ma questo non significa che il proprietario o gestore del blog vada esente da responsabilità penale per il reato di diffamazione aggravata dall’uso di altri mezzi di pubblicità e dai conseguenti obblighi risarcitori nei confronti delle parti lese: quella che viene esclusa è solo l’operatività della norma che estende la punibilità, per colpa, ai casi di omesso controllo sulle pubblicazioni avvenute sul sito. Non viene affatto meno, quindi, la responsabilità diretta del titolare del blog per le proprie note ed anche – stando alle precedenti sentenze che abbiamo menzionato – quella, indiretta, per i contenuti offensivi postati da altri utenti, mediante i commenti, quando non siano stati rimossi nonostante le richieste della parte lesa.

Quindi, è sicura la responsabilità penale del blogger per diffamazione aggravata quando risulta che è stato egli stesso a pubblicare in rete, sul suo sito o anche sulle sue pagine social che ne riproducono il contenuto, i post offensivi della reputazione altrui, perché è ormai fuori di dubbio l’equiparazione dei canali Internet ai «mezzi di pubblicità» analoghi alla stampa.

Non è invece automatica l’attribuzione della responsabilità del titolare del blog (o anche della pagina Facebook o di altri social network) per i commenti diffamatori che altri potrebbero aver pubblicato nello spazio riservato ai commenti: in tal caso, resta però fermo il suo dovere di rimuoverli non appena si accorge della loro offensività e comunque quando essa gli è stata fatta notare dalla persona offesa che gliene ha richiesto la cancellazione. Così l’unico responsabile della diffamazione compiuta rimarrà colui che le indagini individueranno come l’autore del commento lesivo.

Note:

[1] Art. 595, comma 3, Cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 7904 del 20.02.2019.

[3] Art. 57 Cod. pen.

[4] Cass. Sez. Un. sent. n. 31022 del 17.07.2015 e Cass. sent. n. 23469 del 18.11.2016.

[5] Cass. sent n. 1275 del 11.01.2019.

[6] Cass. sent. n. 13060/21 del 07.04.2021.

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