L’inquilino scappa per i rumori: il vicino o il condominio devono risarcire?
Potrebbe succedere che, dopo aver preso un appartamento in affitto, l’inquilino si accorga della presenza di rumori molesti. Un vicino che fa chiasso durante la notte, l’ascensore ormai vecchio e cigolante, l’autoclave condominiale non a norma, un condizionatore posizionato sul balcone adiacente possono turbare il pacifico godimento dell’immobile.
La giurisprudenza ha più volte ritenuto che la presenza di rumori non conoscibili al momento della conclusione del contratto (come invece potrebbe essere un aeroporto situato nelle strette vicinanze), è causa di risoluzione del contratto di locazione per «giusta causa». In tal caso, quindi, l’inquilino può dare la disdetta dell’affitto per i rumori, nel rispetto comunque del termine di preavviso di sei mesi.
Cosa può fare invece il proprietario di casa, dal canto suo, non appena l’inquilino si lamenta per i rumori? Se dovesse perdere il guadagno derivante dal canone di locazione mensile potrebbe rivalersi, in un secondo momento, nei confronti del responsabile di tale rumore? La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza. Come avremo modo di vedere a breve, le cose cambiano radicalmente a seconda che il contratto di affitto sia regolarmente registrato o sia invece in nero. Ma procediamo con ordine.
Indice:
1 Rumori molesti: si può recedere dall’affitto per giusta causa?
2 Risarcimento se c’è disdetta affitto per rumori
3 Disdetta affitto in nero per rumori.
Rumori molesti: si può recedere dall’affitto per giusta causa?
La giusta causa che consente il recesso dall’affitto prima della scadenza del termine deve consistere in un evento sopravvenuto e non conoscibile rispetto al momento di stipula del contratto di locazione, non dipendente dalla volontà del conduttore e oggettivamente insuperabile. Questi presupposti sussistono nel caso in cui ci si accorga che un vicino o un impianto condominiale è rumoroso.
Il rumore, per essere considerato illecito, deve comunque superare la cosiddetta «normale tollerabilità»: è il limite imposto dall’articolo 844 del Codice civile e che va parametrato al caso concreto, alla collocazione dell’immobile e all’orario in cui il rumore viene prodotto. Di solito, si ricorre a una perizia fonometrica o alle testimonianze dei vicini per valutare l’intollerabilità del rumore (leggi sul punto “Cosa si intende per rumori molesti?“).
In linea generale, possiamo quindi dire – in accordo con la giurisprudenza maggioritaria [1] – che il rumore intollerabile è causa di risoluzione del contratto di affitto per giusta causa. L’inquilino deve quindi inviare la lettera di disdetta al locatore con un preavviso di sei mesi durante i quali il canone andrà versato regolarmente.
Risarcimento se c’è disdetta affitto per rumori
Una volta perso l’inquilino e il conseguente guadagno derivante dal canone di locazione, il padrone di casa potrà chiedere il risarcimento del danno da «lucro cessante» nei confronti del relativo responsabile, sia esso il condominio o un vicino di casa. Questi è infatti responsabile per la perdita del guadagno conseguente al recesso del conduttore per giusta causa.
Nel corso del giudizio, il locatore dovrà dimostrare la disdetta dell’affitto (cosa facilmente documentabile tramite la lettera) e l’intollerabilità dei rumori (che potrà invece essere provata anche tramite la testimonianza dell’inquilino e/o degli altri vicini; nel caso di impianto condominiale non a norma si potrà chiedere una consulenza tecnica d’ufficio sull’impianto stesso che valuti il superamento delle soglie delle immissioni rumorose).
Disdetta affitto in nero per rumori
Che succede invece se l’affitto è in nero, ossia non è stato registrato? Secondo una recente sentenza del tribunale di Palermo [2], in questo caso, la nullità del contratto di locazione – stabilita per legge – comporta l’impossibilità, per il locatore, di chiedere il risarcimento del danno da lucro cessante al responsabile del rumore. E ciò proprio perché il pagamento del canone di locazione non è dovuto in quanto il contratto di affitto non registrato è come se non fosse mai stato stipulato. Dunque, se anche l’inquilino smettesse di pagare, il locatore non potrebbe perseguirlo in via giudiziaria.
Note:
[1] Trib. Milano, sent. n. 5465 del 3 maggio 2016.
[2] Trib. Palermo, sent. n. 1407/21.