La possibilità di appore un termine al contratto di lavoro è soggetta a limiti e divieti da parte della legge.
Sei un imprenditore e la tua attività è soggetta a frequenti picchi di produzione durante i quali devi assumere della manodopera temporanea. Vorresti richiamare al lavoro coloro che hai già assunto in precedenza e ti chiedi se ci sono limiti alla possibilità di farlo.
Le aziende possono soddisfare esigenze temporanee e non stabili di personale con il contratto a tempo determinato. Ci sono, però, numerosi limiti da rispettare quando si fa ricorso a questa tipologia contrattuale. Tra gli altri, sono previsti limiti relativi alla possibilità di rinnovare e prorogare i contratti a termine.
Ma quanti rinnovi a tempo determinato si possono fare? La legge fissa un numero massimo di proroghe ma non di rinnovi. Occorre, comunque, tenere presente che esiste un limite di durata massima anche nel caso di una successione di contratti a termine.
Indice:
1 Contratto a tempo determinato: cos’è?
2 Contratto a tempo determinato: quando è vietato?
3 Contratto a tempo determinato: si può prorogare?
4 Contratto a tempo determinato: quante volte può essere rinnovato?
Contratto a tempo determinato: cos’è?
Il contratto a tempo determinato è un ordinario contratto di lavoro subordinato [1] nel quale le parti fissano, sin dall’inizio, una data di scadenza finale, raggiunta la quale, il rapporto di lavoro cessa senza bisogno di disdetta da parte delle parti.
Nel nostro ordinamento, la legge prevede che la forma comune di assunzione sia il contratto a tempo indeterminato [2] poiché garantisce stabilità e garanzie per il lavoratore. Proprio alla luce di tale principio, la possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato è soggetta a limiti e divieti.
Contratto a tempo determinato: quando è vietato?
Innanzitutto, vi sono dei casi in cui la stipulazione di un contratto a termine è vietata per legge [3]. In particolare, l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato non è consentita:
per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
presso unità produttive interessate, entro i sei mesi precedenti, da licenziamenti collettivi, salvo che il contratto a termine sia finalizzato alla sostituzione di lavoratori assenti, ad assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale fino a tre mesi;
presso unità produttive in cui è in corso la cassa integrazione guadagni;
da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
In caso di violazione dei predetti divieti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.
Contratto a tempo determinato: si può prorogare?
Le parti possono decidere di “allungare” la durata del rapporto a termine, prorogando la data di scadenza finale. La legge [4] prevede che il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con l’assenso del lavoratore, solo se la durata iniziale del contratto è inferiore a ventiquattro mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell’arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. Se il numero delle proroghe è superiore a quattro, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
Inoltre, la proroga del contratto a termine è libera solo entro i primi dodici mesi di durata del rapporto. Se, al contrario, il rapporto viene prorogato oltre i dodici mesi deve essere presente almeno una delle seguenti condizioni (cosiddette causali):
esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
La causale deve essere realmente sussistente e deve anche essere specificata per iscritto nell’atto con cui le parti prorogano il termine.
Contratto a tempo determinato: quante volte può essere rinnovato?
Il rinnovo del contratto a termine è una cosa diversa dalla proroga. Con la proroga, infatti, le parti non stipulano un nuovo contratto ma spostano solo in avanti nel tempo il termine finale.
Il rinnovo, invece, è la sottoscrizione di un nuovo contratto a termine tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per lo svolgimento delle medesime mansioni, con la stessa categoria legale e livello di inquadramento.
Ogni volta che si verifica questa condizione siamo in presenza di un rinnovo, anche se il precedente contratto a tempo determinato era stato concluso anni e anni indietro.
La legge non prevede un numero massimo di rinnovi ma fissa, comunque, due limiti:
il rinnovo deve necessariamente fondarsi su una delle causali che abbiamo visto prima, con riferimento alla proroga del contratto oltre i dodici mesi;
in ogni caso, la durata dei rapporti a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una serie di rinnovi, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i ventiquattro mesi.
Sempre che ci sia una delle causali previste dalla legge si può, dunque, rinnovare il contratto a termine un numero indefinito di volte ma occorre sempre conteggiare la durata complessiva dei rapporti. Infatti, se il limite dei ventiquattro mesi viene superato, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.
Note:
[1] Art. 2094 cod. civ.
[2] Art. 1 D. Lgs. 81/2015.
[3] Art. 20 D. Lgs. 81/2015.
[4] Art. 21 co. 1, D. Lgs. 81/2015.