Funzione e responsabilità sociale dell’avvocato penalista.

di Elisabetta d’Errico

Convegno del 27 ottobre 2018 – Il diritto alla difesa e il diritto alla salute nella Costituzione: ruolo e funzione sociale delle professioni medica e forense

L’articolo 1, comma secondo, lett. b) della “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” (L. 247 del 31 dicembre 2012) prevede che, stante la specificità della funzione difensiva ed in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta, l’ordinamento forense, tra l’altro, garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti.

Il successivo articolo due, stabilisce che l’avvocato è un libero professionista che svolge la sua opera in libertà, autonomia e indipendenza ed ha la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti.

All’articolo 3, è poi previsto che l’esercizio dell’attività di avvocato deve essere fondato sull’autonomia e sull’indipendenza dell’azione professionale e del giudizio intellettuale.

La professione forense deve essere esercitata nel rispetto degli obblighi deontologici, con indipendenza lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa.

Libertà, autonomia, indipendenza, lealtà, dignità e competenza sono i requisiti che devono caratterizzare l’avvocato, che non deve mai dimenticare il ruolo sociale della funzione difensiva.

L’avvocato attraverso la tutela tecnica dei diritti del singolo, che si esprima anche nel solo richiedere una pena che sia proporzionata al fatto reato o il riconoscimento delle attenuanti generiche, realizza una continua affermazione della libertà, che è la somma ed insieme il risultato dei diritti del singolo.

Se in questa funzione dell’avvocato consiste il valore e la ragion d’essere dell’opera professionale forense, è indispensabile che la funzione stessa si svolga in un clima di assoluta libertà e cioè che l’avvocato abbia la possibilità di tutelare in ogni momento e nella maniera più efficace i diritti di ciascuno.

La difesa della libertà non può che essere libera, ravvisandosi altrimenti un evidente controsenso.

***

L’avvocato, come previsto dall’art. 111 della Costituzione, congiuntamente alla magistratura, partecipa all’attuazione della giurisdizione, mediante il giusto processo regolato dalla legge.

Il fatto che il giudice all’interno dell’aula di udienza sia posizionato su uno scranno più elevato, non significa una prevalenza morale della sua funzione rispetto a quella dell’avvocato, rappresentando il diritto ed il dovere del giudice di dirigere il dibattimento.

L’avvocato è la sentinella dei diritti, è colui che garantisce con la sua presenza che il processo si svolga secondo le regole, affinché il giudice addivenga ad una decisione che sia giusta ed aderente alle risultanze processuali.

È colui che deve controllare che le prove siano assunte secondo le regole processuali e che la decisione trovi il suo fondamento nella prova, formatasi nel contraddittorio tra le parti.

Nessuna sentenza sarà giusta se pronunciata in violazione dei principi regolatori del processo penale.

L’avvocato è colui che si fa carico delle ansie e delle preoccupazioni del suo assistito, dei suoi familiari, ma è anche colui che proprio in ragione dei principi di autonomia ed indipendenza, che devono orientare il suo operato, deve essere libero, non solo rispetto ai poteri forti ma anche rispetto all’assistito ed in tale modo deve essere percepito dalla collettività.

L’avvocato penalista deve quindi conoscere il limite che non può oltrepassare, deve svolgere il mandato con coscienza e responsabilità, deve fare comprendere all’assistito le ragioni dell’imputazione e deve condurlo con fermezza ed umanità nel difficile percorso del processo, che già in se rappresenta una pena.

Deve agire nel rispetto delle regole deontologiche e delle norme, assicurando all’assistito una difesa di qualità, senza scorciatoie, procedendo con grande cautela ad esperire quando necessario indagini difensive.

Troppo spesso assistiamo ad una errata ed inaccettabile identificazione dell’avvocato con l’assistito, che rende una immagine buia e torbida della sua attività professionale e finisce per dipingere l’avvocato come complice dell’assistito.

Questa rappresentazione, che purtroppo è causata anche da una informazione che troppo spesso è finalizzata più a perseguire esigenze di mercato che ad informare, nonché da un linguaggio quantomeno inadeguato proveniente anche dalle istituzioni, alimenta le pulsioni più becere dell’essere umano, scatena odio e produce insulti, a volte anche minacce nei confronti del difensore di soggetti imputati di gravi fatti.

Credo che su questo punto la società civile dovrebbe prendere posizione, in quanto l’avvocato difendendo un qualsiasi imputato difende i diritti di tutti noi.

Ciò mi fa propendere per la bontà della proposta del Presidente Mascherin di costituzionalizzare la figura dell’avvocato, anche se il mio pensiero è che l’avvocato sia già presente nella Carta costituzionale, come si evince sia dall’art. 24 (Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. … Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione) che dall’art. 111 della Costituzione (La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale).

Diversità di compiti e di funzioni rispetto al magistrato, ma certamente il compito demandato all’avvocato non è moralmente meno nobile di quello del giudice.

L’avvocato deve condividere con gli altri soggetti della giurisdizione la cultura della legalità, che deve accomunare di tutti i soggetti del processo e che si specifica, a seconda della funzione processuale esercitata, nelle culture della giurisdizione, dell’accusa e della difesa.

Sono però fermamente convinta che affinché la funzione difensiva dell’avvocato penalista sia riconosciuta come valore costituzionale, sia necessario, oltre all’inserimento in costituzione della figura dell’avvocato, anche addivenire alla separazione dell’ordine del giudice da quello del pubblico ministero.

Quando ciò sarà compiuto si avrà finalmente il processo giusto, nel quale il difensore ed il pubblico ministero saranno due parti distinte, poste sullo stesso piano ed il giudice sarà effettivamente terzo, oltre che imparziale, rispetto ad entrambe le parti.

Credo, poi, che la funzione sociale che l’avvocato è chiamato a svolgere gli imponga di impegnarsi, anche al di fuori del processo, per l’affermazione e la tutela dei diritti.

Gli avvocati penalisti non possono esimersi dal far sentire la loro voce di garanti della libertà e dei diritti primari riconosciuti dalla Costituzione a tutti gli esseri umani, nel momento in cui tali diritti siano messi in discussione, siano in pericolo.

***

Una ventina di anni fa, quando la Corte Costituzionale scardinò alcune norme che regolavano l’assunzione della prova nel processo penale, che riguardavano in particolare la testimonianza di soggetti che dopo avere reso dichiarazioni al pubblico ministero nel corso delle indagini si presentavano al dibattimento e dichiaravano, in veste di coimputati o imputati in procedimenti connessi, che intendevano avvalersi della facoltà di non rispondere, così che le dichiarazioni precedentemente rese divenivano utilizzabili al fine del decidere, gli avvocati penalisti diedero vita ad una vibrata protesta e si astennero dalle udienze per una settimana.

Il Presidente della Repubblica ci definì sovversivi, disse che l’astensione rappresentava una aperta ribellione assolutamente intollerabile, peggio che andare in piazza armati perché significa sovvertire l’ordine costituito, un cattivo esempio dato al popolo italiano.

Gli avvocati penalisti in quel caso, come d’altronde in tutte le occasioni in cui ci siamo astenuti dalle udienze, non perseguivano un interesse di categoria ma tutelavano il diritto ad un giusto processo, che poi vedrà la luce l’anno successivo con l’introduzione in Costituzione nel novembre del 1999 dell’art. 111.

La spinta per la riforma dell’art. 111 della Costituzione avvenne anche grazie all’impegno dell’associazione degli avvocati penalisti, l’Unione delle Camere Penali Italiane, che non rimase muta ed inerme di fronte allo stravolgimento del nuovo codice di procedura penale.

Anche questa è la funzione sociale dell’avvocato penalista, che non lotta mai per interessi propri, ma sempre nell’interesse del cittadino ed a tutela di un diritto costituzionale, primi fra tutti il diritto di difesa e la presunzione di non colpevolezza fino alla irrevocabilità della sentenza di condanna.

L’avvocato penalista poi non deve limitare il suo compito alla fase processuale, ma deve far sì che i diritti primari dell’individuo siano garantiti anche nella fase dell’esecuzione della pena.

Deve controllare che nel corso della detenzione siano garantiti i diritti primari dell’individuo, in quanto l’unico diritto del quale la persona detenuta può essere privata è il diritto alla libertà.

Deve verificare che sia assicurato il diritto alla salute, che è effettivo ove siano garantite eguali cure a chi è privato della libertà e a chi invece non è posto tale limite.

Il tema del diritto alla salute all’interno degli istituti penitenziari è un tema delicato, siamo davvero tutti uguali davanti alla malattia? Vi è una parità di cura e trattamento tra chi è privato della libertà e chi è libero?

Qualche anno fa mi recai all’Ospedale di Parma, ove era ricoverata una persona che assistevo e che era detenuta nel carcere di quella città.

Siccome avevo necessità di comprendere le condizioni di salute del mio assistito, al fine di depositare una istanza di differimento della pena o di detenzione domiciliare, chiesi di parlare con chi lo aveva in cura.

La risposta fu che il medico non parlava con gli avvocati!!

Per poter assolvere la funzione difensiva l’avvocato deve essere competente, tecnicamente attrezzato e deontologicamente corretto.

Un avvocato specialista, che curi la formazione e l’aggiornamento specialistico, perché la specializzazione rappresenta una garanzia per il cittadino, l’esempio che noi penalisti usiamo fare è che se si ha un problema al cuore si va dal cardiologo, se si ha un problema ad un arto si va dall’ortopedico.

E poi ci sono i diritti degli ultimi che non possono essere trascurati, i diritti dei migranti, degli emarginati, di coloro che sono privi di reddito o che hanno redditi che non consentono di sostenere i costi di una difesa tecnica.

Quanto ai diritti dei migranti mi auguro che l’avvocatura tutta, a prescindere da appartenenze politiche e trasversalmente, sia in grado ancora una volta, come anche in passato è accaduto, di fare sentire forte e chiara la sua voce a tutela dei diritti primari.

I diritti sono indivisibili, sono uguali per tutti, non è possibile arretrare o scegliere quando tutelarli e quando invece affossarli.

Viviamo un momento storico complicato, difficile, si affacciano riforme che fondano la loro ragione nella paura di ognuno di noi di fronte a situazioni che le istituzioni non sono in grado di gestire, che per troppo tempo sono state gestite in maniera inappropriata.

Gli avvocati non possono tacere.

L’avvocato ha l’obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d’ufficio e di assicurare il patrocinio a favore dei non abbienti.

Lo stato garantisce al cittadino il patrocinio a spese dello stato qualora abbia un reddito insufficiente, così come garantisce la difesa tecnica nominando un difensore d’ufficio a chi sia privo di difensore.

La difesa d’ufficio è un istituto fondamentale di uno stato democratico, perché la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, l’indagato ha diritto fin dall’inizio del procedimento ad essere assistito da un avvocato.

L’avvocato che liberamente sceglie di essere inserito nell’Elenco unico dei difensori d’ufficio, deve garantire la difesa tecnica, deve quindi essere competente, non potendo rinunciare all’incarico se non per giustificati motivi.

L’avvocato è Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino che, nonostante fosse un avvocato civilista, sentì il dovere di assumere personalmente la difesa dei brigatisti rossi che rifiutavano l’assistenza di un difensore e che per questo motivo fu barbaramente ucciso mentre rientrava a casa.

L’avvocato è Serafino Famà, penalista catanese assassinato perché non si piegò ai voleri della mafia.

Questa è la libertà della toga, la libertà della difesa.

Termino questo mio breve intervento con due citazioni: la prima è una frase di Cesare Beccaria, “non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettano che in alcuni eventi l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa”; la seconda è tratta dal libro “Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore” di Paolo Borgna, sostituto procuratore alla Procura della Repubblica di Torino: “l’avvocato conosce, più di chiunque altro, il piccolo mondo che sta dietro ad ogni fascicolo e che noi spesso non riusciamo ad intravedere. …Ebbene, io penso che la frequentazione degli avvocati sia, per il magistrato, uno degli strumenti più utili – non certo il solo – di collegamento con la realtà sociale; l’antidoto più immediato per contrastare il rischio di leggere ogni fatto sottoposto al nostro giudizio con la lente, a lungo andare deformante, delle norme giuridiche e del linguaggio processuale”.

avv. Elisabetta D’Errico

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