Ecco il contenuto della riforma del processo civile che riguarda la fine di matrimoni e convivenze di fatto con il rito unico che semplifica i procedimenti.
Meno tempo per dirsi addio e tornare single. La riforma del processo civile che ha in mente il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, prevede tra le altre cose il rito unico per separazioni, divorzi, affidamento dei figli delle coppie di fatto e procedimenti sulla responsabilità genitoriale. Il giudice potrà agire d’ufficio su ciò che riguarda minori e vittime di violenza. Ma soprattutto – e questo può interessare un maggior numero di coppie – durante il procedimento di separazione si può già presentare anche la domanda di divorzio. Risultato: porre la parola «fine» ad un matrimonio dovrebbe risultare più veloce.
Che cosa cambia con il rito unico? Prima di tutto, anziché dover affrontare delle procedure diverse a seconda della natura del procedimento (la separazione, il divorzio, l’affidamento, ecc.) si punta a semplificare le cose dando appuntamento alle coppie davanti ad una sola autorità giudiziaria che si occupi di tutto. Un solo giudice collegiale, dunque, che lascerà un largo potere di azione al giudice relatore in modo da rendere il procedimento più veloce. La competenza territoriale sarà prevalentemente quella relativa alla residenza del minore. Il ricorso che introdurrà il giudizio avrà già i mezzi di prova e la copia delle dichiarazioni dei redditi e della situazione economica e finanziaria dell’ultimo triennio di entrambi i coniugi quando si tratterà di discutere sull’assegno di mantenimento o sugli alimenti.
Per eliminare il doppio passaggio in tribunale, con la fase presidenziale e quella istruttoria, il giudice fisserà la data di udienza e avrà la possibilità di adottare immediatamente dei provvedimenti urgenti nell’interesse di tutti, specialmente dei minori. Durante la prima udienza, ci sarà un tentativo di conciliazione tra i coniugi e l’eventuale invito del giudice a seguire un percorso di mediazione familiare, a meno che dietro la separazione o il divorzio ci sia una situazione di violenza in famiglia. Nel caso in cui non si giunga ad un accordo tra le parti, già nella prima udienza il giudice pronuncia la sentenza definitiva oppure parziale, nel caso in cui il procedimento debba andare avanti per mettere a punto le questioni economiche e l’affidamento dei figli. La sentenza sarà depositata entro 60 giorni.
Come accennato, durante il procedimento di separazione, sarà possibile proporre la domanda di divorzio, su cui si potrà procedere non appena la sentenza parziale di separazione sarà passata in giudicato e saranno trascorsi i tempi utili. Entrambi i procedimenti in corso potranno essere riuniti nello stesso tribunale. Il modello processuale unico sulle garanzie che riguardano il pagamento degli assegni prevedrà meno limiti rispetto ad oggi.
Sempre secondo il contenuto della riforma da approvare in Parlamento, il magistrato avrà la possibilità di disporre d’ufficio mezzi di prova per tutelare i minori e le vittime di violenza familiare (i cui procedimenti avranno la precedenza), superando anche i limiti previsti dal Codice civile. Anche il curatore speciale del figlio minorenne potrà essere nominato d’ufficio.
Iter ancora più veloce se la separazione è consensuale: è prevista una procedura scritta senza il passaggio della conciliazione.
La riforma vuole potenziare la negoziazione assistita, riconoscendo agli accordi raggiunti tra le parti un titolo idoneo per la trascrizione e concedendo agli avvocati la facoltà di trattare il pagamento di una somma unica al posto dell’assegno. La negoziazione assistita verrebbe estesa alle coppie di fatto per l’affidamento ed il mantenimento dei figli minori e per il mantenimento di quelli maggiorenni non autosufficienti da un punto di vista economico, oltre che per raggiungere un accordo sugli alimenti.