L’art. 129 c.p.p. ovvero l’obbligo del Giudice di assolvere prima della conclusione del processo.

La Corte Costituzionale è intervenuta con la sentenza n. 14 del 9 febbraio 2015 in riferimento alla possibilità che il GIP si pronunci ex art. 129 c.p.p. a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e contestuale domanda di oblazione.

L’art. 129 c.p.p. prescrive che il Giudice – in qualunque stato e grado del processo – provveda ad emettere Sentenza di proscioglimento ogni qual volta risulti “evidente” l’innocenza dell’imputato o in via subordinata vi sia altra causa di natura procedurale che impedisca la prosecuzione del processo già avviato e, invero, letteralmente, l’articolo in parola prevede che: …..1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza.

  1. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.

Si tratta, in buona sostanza, di una “valvola di sicurezza” che permette al Giudice di pronunciarsi immediatamente nel merito (ovvero con la decisione liberatoria più ampia prevista dal nostro codice procedurale) in tutte quelle vicende nelle quali risulti palesemente apprezzabile l’innocenza della persona accusata e, in subordine, qualora non ricorrano le condizioni di procedibilità stabilite dalla Legge (come ad esempio la querela) o il reato sia estinto per altri motivi di natura strettamente procedurale (come la prescrizione).

Il Legislatore, quindi, ha comprensibilmente optato per investire il Giudice del potere/dovere di concludere immediatamente il processo (in qualunque stato esso si trovi) tutte le volte che:

– dovesse apparire lampante che l’accusa è priva di fondamento; pronuncia di merito che deve intervenire anche in tutte quelle situazioni (vedi il comma 2 dell’art. 129 in commento) il reato non sia perseguibile anche per intervenuti motivi di natura formale (improcedibilità originaria o sopravvenuta). Questo perché la pronuncia liberatoria concernente il merito della vicenda per la quale vi è processo è maggiormente “riabilitante” per l’accusato piuttosto che la decisione sul difetto di condizioni formali.

– In subordine rispetto alla pronuncia sul merito, il Giudice deve pronunciarsi immediatamente ponendo fine al processo ogni qual volta rilevi il difetto di condizioni di procedibilità o il sopravvenire di cause di estinzione del reato.

Il potere/dovere di cui si tratta – svincolato da qualsiasi richiesta dell’accusa e/o della difesa ma anche invocabile dalle parti – è di ampio respiro ed è proprio ovviamente anche del Giudice (dell’ufficio GIP/GUP) che dovesse essere investito della celebrazione di riti alternativi.

La Corte Costituzionale, infatti, ha dichiarato che non vi è alcuna ragione che ostacoli la pronuncia del GIP ex art. 129 c.p.p. qualora l’imputato (personalmente o tramite difensore) abbia proposto opposizione al decreto penale di condanna con contestuale richiesta di oblazione (in via subordinata); ovvero in una situazione in cui l’accusato aveva richiesto di essere giudicato con un rito alternativo.

La vicenda traeva origine dal decreto penale di condanna notificato ad un imputato il quale proponeva opposizione chiedendo in via principale sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (alla luce della documentazione prodotta che forniva la prova evidente che il fatto non costituiva reato) e in via subordinata – in caso di rigetto – di essere ammesso all’oblazione di cui all’art. 162 bis c.p. (ovvero al pagamento di una multa pari a metà del massimo della sanzione pecuniaria prevista per il reato contestato).

L’art. 464 co. 2 c.p.p. prevede che il GIP dovrebbe decidere sulla domanda di oblazione proposta dall’opponente prima di poter emettere i provvedimenti finalizzati all’instaurazione del giudizio.

Dal punto di vista pratico la conseguenza per l’opponete sarebbe la preclusione della possibilità di ottenere dal giudicante una pronuncia di innocenza poiché il Giudicante non potrebbe in alcun modo pronunciarsi sul merito della vicenda dovendo limitarsi (prendendo alla lettera il richiamato articolo 464 co. 2 c.p.p.) a decidere sulla richiesta di oblazione.

Ciò posto, a parere della Corte, il contenuto dell’art. 464 co. 2 cpp si porrebbe in pieno contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 della Costituzione (ovvero con quel gruppo di articoli capisaldi del diritto di difesa).

A tal proposito interveniva la Sentenza in commento n. 14/2015 della Corte Costituzionale, la quale evidenziava che il Giudice, qualora la domanda di oblazione venga proposta in via subordinata rispetto all’opposizione al decreto penale di condanna, non preclude la possibilità per il GIP di esaminare il merito della vicenda: l’art. 129 c.p.p. esprime un principio generale valido come già detto in ogni stato e grado del processo e, quindi, applicabile anche ove non espressamente richiamato.

La decisione della Corte Costituzionale è in linea con i principi sanciti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno affermato – in più occasioni – il principio secondo il quale il Gup, una volta investito della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero, non può adottare un provvedimento ex art. 129 c.p.p. senza prima aver fissato e celebrato l’udienza preliminare nel corso della quale sarà pienamente attuato il pieno contraddittorio delle parti.

 

Pertanto, alla luce della richiamata sentenza della Corte Costituzionale nonché delle pronunce in materia emesse dalle Sezioni Unite, si può affermare che affinché intervenga legittimamente una pronuncia ex art. 129 co. 2 c.p.p. è necessario non solo rispettare il fondamentale diritto all’ascolto delle parti (che si realizza con la dialettica del contraddittorio), ma anche che il Giudice disponga di una base cognitiva adeguata (ed infatti, il GIP che deve pronunciarsi in sede di opposizione a decreto penale di condanna e contestuale domanda di oblazione – come nel caso che ha dato occasione alla pronuncia della Corte Costituzionale qui in commento – potrà attingere all’intero contenuto del fascicolo del PM nonché ai documenti depositati dal difensore).

Ciò posto, qualora il difensore proponga opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (documentando al Giudice che il fatto non costituisce reato) verrà celebrata una udienza apposita durante la quale le parti potranno dare il loro contributo sia in termini di contraddittorio verbale sia documentale alla luce degli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero ed eventualmente depositati dalla difesa.

 

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