Per la Cassazione non si può agire esecutivamente iscrivendo ipoteca sui beni di un fondo patrimoniale per debiti relativi a redditi da partecipazioni in società di capitali.
Il fondo patrimoniale non è aggredibile esecutivamente in relazione a debiti che hanno a che fare con redditi che derivano da attività svolte per finalità puramente speculative, perché non c’è alcun collegamento con il soddisfacimento dei bisogni familiari a cui il fondo è destinato. Questa in sintesi l’importante precisazione fornita dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 15741/2021 (sotto allegata).
La vicenda processuale
Un contribuente si oppone all’iscrizione ipotecaria per la somma di 526.420,16 euro sui beni compresi nel fondo patrimoniale. Il ricorso viene respinto dalla C.T.P. Da qui il ricorso alla C.T.R che questa volta lo accoglie. I debiti tributari per i quali è stata iscritta ipoteca infatti riguardano l’attività di una S.R.L in cui il contribuente partecipa come mero socio di capitale. Non è quindi possibile procedere all’esecuzione forzata sui beni del fondo patrimoniale, perché i debiti si riferiscono a obbligazioni che nulla hanno a che fare con il soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Collegamento tra debiti tributari e bisogni della famiglia
Equitalia ricorre in Cassazione e per far valere le proprie ragioni solleva i seguenti motivi.
Per la ricorrente il contribuente non ha provato che i debiti contratti sono del tutto estranei ai bisogni della famiglia. Apodittica l’affermazione secondo cui “i debiti tributari da partecipazioni in società di capitale sarebbero per definizione estranei alle esigenze della famiglia e, in quanto tali, la circostanza non poteva non essere conosciuta dall’Agente della riscossione.” Occorre infatti che l’accertamento della natura del debito venga effettuata in concreto dal giudice. Il contribuente comunque non ha provato che l’Agente della riscossione fosse consapevole dell’estraneità dei debiti ai bisogni familiari.
In secondo luogo la ricorrente rileva che la C.T.R ha errato nel valutare i certificati catastali da cui è emersa la qualità di socio accomandatario del contribuente.
Non aggredibile il fondo se i debiti si riferiscono a redditi da partecipazioni.
La Corte di Cassazione adita, poco convinta delle tesi difensive della ricorrente, rigetta il ricorso.
Gli Ermellini rilevano prima di tutto che la C.T.R ha accolto l’appello del contribuente applicando un criterio affermato dalla stessa secondo cui, per poter agire in via esecutiva sui beni del fondo patrimoniale non si deve tenere conto della natura delle obbligazioni, bensì della relazione esistente tra il fatto che le genera e i bisogni della famiglia. In pratica, come affermato in alcune pronunce recenti “occorre accertare se l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui (coniuge) capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.”
Quando sorge quindi una controversia in relazione all’assoggettabilità ad esecuzione forzata dei beni che fanno parte del fondo patrimoniale occorre verificare che il debito sia stato contratto per i bisogni familiari. Ma che cosa si intende per bisogni familiari?
La Cassazione chiarisce che non devono considerarsi estranei ai bisogni della famiglia i debiti con il fisco che si riferiscono all’attività di lavoro o di altre attività produttive dei coniugi, se da queste attività si ricava quanto necessario per il mantenimento della famiglia. Vero però che ogni coniuge non ha il dovere di destinare tutti i guadagni della propria attività al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Rileva a tale proposito anche l’accordo dei coniugi sul tenore di vita familiare, che incide sulla definizione dei bisogni dei suoi componenti. I bisogni della famiglia quindi non possono intendersi solo in senso oggettivo, ma anche soggettivo, perchè ritenuti tali dai coniugi.
Spetta quindi al giudice accertare di volta in volta la relazione esistente tra il fatto che ha generato il debito e i bisogni della famiglia.
Nel caso di specie la Corte rileva che il creditore è l’Erario e che non conoscendo la situazione famigliare non può che affidarsi alle presunzioni semplici per desumere cosa rientra o meno nel fondo patrimoniale.
Al contribuente, che ha una pluralità di fonti di reddito, deve essere riconosciuto parimenti il diritto di provare per presunzioni semplici la natura di ogni partecipazione e la destinazione dei vari proventi, così da poter accertare se l’obbligazione tributaria grava su un reddito che è destinato al mantenimento della famiglia o se invece è meramente speculativo con finalità di lucro personale o che comunque non è destinato alla famiglia per il quale è stato costituito il fondo.
La Cassazione evidenzia poi che la CTR ha accolto l’appello del contribuente dopo aver accertato che lo stesso era socio di una Sas diversa da quella cui si riferiscono i debiti tributari richiesti da Equitalia e ha concluso che solo da questa traeva quanto necessario per il mantenimento della famiglia. La Ctr ha pertanto dedotto la consapevolezza dell’estraneità dei debiti tributari ai bisogni della famiglia da parte dell’Agente della Riscossione perché in quella aggredita dal fisco lo stesso era solo socio di capitali. La famiglia veniva infatti mantenuta con i proventi della società in cui il contribuente lavorava. Inammissibile il secondo motivo di ricorso.
Riepilogando:
è ammessa l’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale, ai fini della riscossione coattiva delle imposte, a condizione che il creditore non sia a conoscenza del fatto che i debiti siano stati contratti per i bisogni della famiglia (art 170 c.c.) e se le obbligazioni tributarie sono strumentali ai bisogni della famiglia;
per bisogni familiari deve intendersi, dal punto di vista soggettivo, quanto necessario e funzionale allo svolgimento e sviluppo della famiglia in base all’indirizzo concordato dai coniugi. Ne consegue che se i debiti sono ricollegabili all’attività d’impresa di uno dei coniugi e gli stessi sono stati contratti per soddisfare suddetti bisogni allora il fondo è aggredibile;
viceversa se i debiti tributari sono stati contratti in relazione ad attività o partecipazioni societarie meramente speculative o legate a finalità di lucro personale, allora il fondo non è aggredibile perché trattasi di obbligazioni non contratte nell’interesse della famiglia. Nel caso di specie infatti il fondo patrimoniale è stato ritenuto non aggredibile perché i carichi tributari su redditi da partecipazioni non sono riconducibili a obbligazioni sorte nell’interesse della famiglia.