Prova spaccio droga: ultime sentenze.

Detenzione di sostanze stupefacenti; criteri indiziari; droga custodita in luoghi accessibili della casa; responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente; prova della destinazione a terzi della droga in assenza di flagranza dell’attività di vendita.

Indice:

1 Possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare

2 Prova della destinazione della droga allo spaccio

3 Detenzione di stupefacenti: il concorso del convivente

4 Il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare

5 Destinazione a terzi della sostanza stupefacente

6 Prova della destinazione a terzi della droga

7 Detenzione di stupefacenti: spaccio

8 Quando la quantità di droga detenuta non è sufficiente a provare il reato di spaccio?

9 Quantità di droga detenuta inferiore alla quantità massima

10 Reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente

11 Quantità elevata di sostanza stupefacente di tipo chetamina

12 L’obbligo di provare la diversa destinazione della sostanza stupefacente

13 Reati di stupefacenti: onere della prova

14 Mancanza della prova del reato di spaccio.

Possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare

In materia di stupefacenti, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma 1-bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto congruamente motivato l’apprezzamento del giudice di merito, che aveva valorizzato l’elevato dato quantitativo e ponderale – 1367 dosi medie singole di cocaina – valutato anche alla luce del contesto).

Cassazione penale sez. IV, 23/09/2020, n.28308

Prova della destinazione della droga allo spaccio

La prova della destinazione della droga allo spaccio, laddove non sia sussistente in forma diretta, può desumersi da qualsiasi elemento o dato indiziario, come la quantità della sostanza stupefacente, dalla suddivisione in dosi, dallo stato di tossicodipendenza del soggetto agente, che consenta di ravvisare tale prova mediante un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza.

Pertanto, l’aspetto quantitativo può, in ragione di un accumulo poco compatibile con una destinazione personale, assumere un rilievo sintomatico della destinazione a uso di terzi della sostanza detenuta. Nel caso di specie, anche sulla base degli elementi contenuti nel verbale d’arresto, il Tribunale ha escluso che la sostanza stupefacente del tipo Hashish dal peso di grammi 101 lordi sequestrata a ciascuno degli imputati fosse destinata al solo consumo personale.

Tribunale Frosinone, 23/01/2020, n.133

Detenzione di stupefacenti: il concorso del convivente

In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente non può desumersi dalla circostanza che la droga sia custodita in luoghi accessibili della casa familiare, dal momento che la mera convivenza non può essere assunta quale prova del concorso morale.

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto indizio non univoco la presenza della moglie dello spacciatore nella abitazione ove la droga era stata rinvenuta, precisando che l’ipotesi del concorso della convivente avrebbe potuto trovare conferma solo ove fosse risultato che nell’abitazione si svolgeva una attività collettiva di detenzione e spaccio).

Cassazione penale sez. VI, 15/11/2019, n.52116

Il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare

In materia di stupefacenti, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’articolo73, comma l-bis, lettera a), del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione.

Peraltro, il mero dato del superamento dei suddetti limiti tabellari non vale a invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, ovvero a introdurre una sorta di· presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza a un uso non esclusivamente personale; dovendo il giudice globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione.

(Fattispecie in cui è stata annullata la sentenza che si era limitata a fondare la prova della destinazione illecita sul dato quantitativo della sostanza – grammi 11,711 di hashish, con principio, attivo pari a grammi 1,312 – pur in presenza di stupefacente non suddiviso in distinte confezioni e pur non essendo stato rinvenuto strumentario che a detta suddivisione fosse finalizzato; mentre il dato della fuga tentata dall’imputato alla vista delle forze dell’ordine doveva considerarsi elemento equivoco, perché poteva essere giustificata dal fatto che anche la sola detenzione per consumo personale espone il detentore a conseguenze personali sfavorevoli).

Cassazione penale sez. III, 19/09/2019, n.43262

Destinazione a terzi della sostanza stupefacente

In tema di detenzione di stupefacenti ai fini della prova della destinazione a terzi, in assenza della flagranza nell’attività di vendita, suppliscono i parametri indiziari enucleati dalla giurisprudenza che attengono sia a criteri soggettivi quali lo stato di tossicodipendenza, il contesto socio-ambientale di vita ed eventuali rapporti con ambienti deputati allo spaccio che i criteri oggettivi quali la quantità e qualità della sostanza stupefacente e il suo frazionamento.

(Nel caso di specie, era stata provata la destinazione a terzi della droga sia per la quantità della sostanza stupefacente pari a 90 dosi di hashish e all’attività di osservazione del prevenuto).

Tribunale Terni, 30/05/2018, n.664

Prova della destinazione a terzi della droga

In assenza di flagranza dell’attività di vendita, la prova della destinazione a terzi della droga e non al consumo personale è ricavabile sulla scorta di parametri indiziari soggettivi ed oggettivi. In particolare, vanno valutati i criteri soggettivi quali lo stato di tossicodipendenza del detentore, il contesto socio-ambientale di vita e gli eventuali rapporti o collegamenti con ambienti deputati allo spaccio ovvero con soggetti implicati nel traffico di stupefacenti.

 

Ovvero vanno valutati i criteri oggettivi, quali il frazionamento delle dosi di stupefacente, la qualità e quantità della droga rapportate al fabbisogno personale in relazione all’età ed in relazione al processo di naturale scadimento degli effetti droganti.

Tribunale Terni, 18/04/2018, n.486

Detenzione di stupefacenti: spaccio

La prova della destinazione della droga allo spaccio, ove non sussistente in forma diretta, può essere tratta da qualsiasi elemento o dato indiziario (quantità, stato di tossicodipendenza dell’agente, costo della sostanza in rapporto alle capacità economiche, generale condotta dell’agente, suddivisione in dosi, presenza di strumenti per il taglio o il confezionamento delle dosi) che consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza.

Sicché l’abrogazione del previgente istituto della dose media giornaliera non ha reso irrilevante l’aspetto quantitativo, il quale può, comunque, in ragione di un accumulo poco compatibile con una destinazione personale, assumere un rilievo sintomatico della destinazione ad uso di terzi della sostanza detenuta.

Tribunale Frosinone, 12/07/2017, n.921

Quando la quantità di droga detenuta non è sufficiente a provare il reato di spaccio?

In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, il superamento dei limiti tabellari non implica necessariamente che la sostanza stupefacente sia detenuta a fine di spaccio né che vi debba essere un inversione dell’onere della prova dovendo sempre la pubblica accusa dimostrare la finalità dello spaccio.

 

(Nel caso di specie ,si trattava di n. 4 stecche di hashish detenute in un cassetto dell’abitazione dell’imputato pari a n. 53 dosi ma, non rinvenendo altresì la tipica attrezzatura (bilancino di precisione, cellophane, coltello) per il confezionamento, si escludeva la sussistenza del reato).

Tribunale S. Maria Capua V. sez. uff. indagini prel., 26/04/2016, n.1208

Quantità di droga detenuta inferiore alla quantità massima

In tema di sostanze stupefacenti costituisce reato anche una quantità di sostanza stupefacente inferiore alla quantità massima detenibile se è evidente la prova dello spaccio. (Nel caso di specie, l’imputato era stato visto in una piazza di spaccio dove diverse persone gli si avvicinavano chiedendo di acquistare sostanza stupefacente e gli veniva sequestrata una somma di denaro oltre a due dosi di cocaina nascoste tra due tavole di una porta di legno).

Tribunale S. Maria Capua V. sez. I, 20/10/2016, n.5874

Reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente

Il datore di lavoro, di fronte a condotte del lavoratore costituenti reato, non ha l’onere di ricercare le prove dell’illecito stesso, ben potendo richiamarsi agli atti di indagine svolti dall’autorità giudiziaria. E, sul punto, al momento della contestazione e del licenziamento del Buonanotte, erano già emersi elementi sufficienti a far ritenere sussistente il reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente, non dovendo peraltro dimenticarsi che il reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 è un reato di pericolo (che, cioè, non necessita per la sua integrazione della cessione a terzi, mirando a prevenire lesioni della salute pubblica) e che il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dal comma primo bis, lett. a) della norma innanzi citata (come accertato nel caso di specie) può senz’altro legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, la prova dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio.

Corte appello Potenza sez. lav., 25/03/2015, n.9

Quantità elevata di sostanza stupefacente di tipo chetamina

La mera detenzione di una quantità elevata di sostanza stupefacente di tipo chetamina (da cui sarebbero ricavabili molteplici dosi), conseguente ad un acquisto di poco precedente rispetto al controllo dei militari, non può fondare la prova, di per sé, che l’imputato l’avesse acquistata a fini di spaccio; inoltre, anche la provenienza dell’imputato da un’area geografica lontana da quella in cui è stato effettuato il rifornimento di droga, non vale a chiarire se la sua presenza sul posto fosse determinata dall’esigenza di comprare lo stupefacente per uso personale, ad un prezzo più favorevole, o di approvvigionarsi per l’attività di cessione a terzi nella propria zona di origine.

Tribunale Napoli sez. I, 17/02/2015, n.2521

L’obbligo di provare la diversa destinazione della sostanza stupefacente

In tema di detenzione di sostanza stupefacente, la destinazione allo spaccio rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e tale specifica finalità della illecita detenzione deve essere provata dalla pubblica accusa, non potendosi far carico all’imputato dell’obbligo di provare la diversa destinazione, al solo uso personale, della sostanza stupefacente posseduta, tuttavia sia la prova della destinazione della droga ad uso personale, sia quella della destinazione allo spaccio, può essere tratta da qualsiasi elemento o dato indiziario che – con rigore, univocità e certezza – consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza (confermata la condanna nei confronti dell’imputato, atteso che i giudici del merito avevano dedotto la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente dalla quantità -440 g lordi per un totale di principio attivo di 18.564,8 mg-, dal suo confezionamento -quattro pani-, dalla presenza di plurime lame sporche di sostanza e di un bilancino di precisione atto alla pesatura delle singole dosi).

Cassazione penale sez. III, 23/04/2015, n.37629

Reati di stupefacenti: onere della prova

In tema di onere della prova per i reati di stupefacenti, la destinazione allo spaccio costituisce elemento caratterizzante del reato e deve, quindi, essere oggetto di prova da parte dell’accusa e non può presumersi (cassata la sentenza di condanna nei confronti dell’imputato trovato in possesso di 50 grammi di hashish, atteso che mancava qualsiasi motivazione esaustiva e diretta sulla finalità di spaccio e non di consumo personale, o di gruppo, di tale droga).

Cassazione penale sez. VI, 07/01/2015, n.14059

Mancanza della prova del reato di spaccio

In tema di stupefacenti, manca la prova del reato di spaccio nel caso in cui sulla persona dell’imputato non sia stato trovato denaro e non sia stato recuperato l’oggetto visto cedere (dalla p.g.) dall’ imputato ad altro soggetto non identificato, potendo trattarsi del denaro consegnato dall’imputato allo spacciatore a titolo di pagamento della droga appena comperata; il dato ponderale della sostanza sequestrata sia, così come il numero di dosi “commerciali” rinvenute nella disponibilità dell’ imputato – pari a sette – compatibile con una destinazione della sostanza ad uso personale, tipo mini scorta procacciata presso il “più conveniente” mercato partenopeo (residenza dell’imputato in altra provincia); risulti l’improbabilità dello spaccio fuori zona, in una piazza di spaccio napoletana, notoriamente gestita dalla criminalità organizzata locale; risulti l’effettiva iscrizione dell’ imputato al Ser.T. per dipendenza da oppiacei (benché con frequentazione interrotta per diversi anni e ripresa soltanto a seguito dell’ arresto per i fatti oggetto di contestazione).

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