Quando il diritto sull’abitazione familiare taglia l’importo dell’assegno all’ex coniuge.
Ti stai separando da tuo marito e pensi di avere diritto ad abitare nell’ex casa coniugale, ma aspiri anche a percepire l’assegno di mantenimento. Non sai, però, quali ragionamenti ed operazioni fanno i giudici per stabilire la spettanza di entrambi i benefici. Così ti chiedi: l’assegnazione della casa riduce il mantenimento?
La tua domanda coglie nel segno: i giudici operano un bilanciamento sui mezzi economici delle parti, e dunque sull’adeguatezza dell’importo dell’assegno dovuto all’ex coniuge; ma per alcuni anche la casa coniugale rientra in questo calcolo, perché attribuisce un indubbio vantaggio a chi, dopo la separazione, avrà il diritto di abitarla.
Questo criterio è stato applicato in concreto dal tribunale di Torino, che, in una recentissima sentenza [1], ha stabilito che l’assegnazione della casa coniugale riduce il mantenimento da versare all’ex moglie. Il caso concreto riguardava un marito, di professione bancario, con stipendio di 2.500 euro al mese e la moglie disoccupata: per lei l’assegno stabilito, dopo la fine del matrimonio durato due anni, sarà di soli 200 euro mensili, perché la disponibilità dell’abitazione rappresenta «un’utilità valutabile dal punto di vista patrimoniale». Su questa decisione, però, ha pesato anche il fatto che la donna è giovane ed in grado di trovare un’occupazione lavorativa.
Indice:
1 L’addebito della separazione coniugale
2 Assegnazione casa familiare: quando spetta?
3 Assegno di mantenimento: come si calcola?
4 Assegnazione della casa: quando riduce il mantenimento?
L’addebito della separazione coniugale
La separazione coniugale è dichiarata con addebito quando la responsabilità della fine dell’unione matrimoniale viene attribuita ad uno solo dei coniugi. I motivi possono essere svariati: l’infedeltà, le violenze, l’abbandono ingiustificato del tetto coniugale, la mancata assistenza materiale o morale, ma anche il disprezzo, l’ostilità e il distacco affettivo dalla vita di coppia.
L’essenziale è che vi sia stato un comportamento di violazione di uno dei doveri coniugali, che, come dice la legge, abbia reso «intollerabile la prosecuzione della convivenza» [1]. L’addebito non può essere pronunciato d’ufficio, ma deve essere richiesto da un coniuge nei confronti dell’altro e la domanda giudiziale dovrà essere supportata dalle prove dell’avvenuta violazione dei doveri coniugali.
Assegnazione casa familiare: quando spetta?
L’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi viene stabilita dal giudice ed attribuisce all’ex moglie, o all’ex marito, il diritto di abitarvi, dopo la separazione, insieme ai figli. Questa attribuzione non dipende dall’eventuale addebito della separazione e neppure dalla proprietà dell’immobile: ad esempio, la casa del marito può essere assegnata alla moglie, o viceversa.
Di solito, è la moglie che, quando ottiene il collocamento dei figli minori presso di sé, acquisisce anche il diritto di restare nella casa coniugale, per evitare loro il trauma dello spostamento dal luogo in cui stanno crescendo. Infatti, il criterio base è quello di non allontanare i bambini dall’abitazione dove vivevano prima che i loro genitori si separassero: dunque, continueranno ad abitare lì con la madre (o con il padre, se i figli vengono collocati con lui). La casa familiare, invece, non viene assegnata quando la coppia separata non ha figli oppure essi sono già maggiorenni ed economicamente indipendenti.
Assegno di mantenimento: come si calcola?
L’assegno di mantenimento viene stabilito dal giudice della separazione in favore dell’ex coniuge che non è in grado di mantenersi da sé, in modo da garantirgli la conservazione del medesimo tenore di vita di cui godeva in costanza del matrimonio.
Quindi, se non c’è una disparità economica tra i coniugi – ad esempio, perché entrambi lavorano ed hanno stipendi simili – il diritto all’assegno di mantenimento in favore dell’ex moglie, o marito, non sorge (rimane fermo, invece, il dovere di mantenere i figli, e in loro favore verrà stabilito un apposito assegno).
L’incapacità di mantenersi, però, deve essere oggettiva: se invece deriva da un comportamento colpevole, come l’inerzia nel trovare un lavoro pur essendo in condizioni di età e di salute utili per farlo, il mantenimento non sarà riconosciuto. Va anche detto che chi ha subito l’addebito della separazione non può chiedere il mantenimento (e nemmeno vantare diritti sull’eredità dell’ex coniuge, in caso di sua morte prima del divorzio).
Per la determinazione dell’ammontare, i criteri di calcolo dipendono dalla situazione concreta della coppia e, generalmente, comprendono l’età del richiedente, la durata del matrimonio, le spese da sostenere ed anche la disponibilità dell’ormai ex casa familiare.
Assegnazione della casa: quando riduce il mantenimento?
Tra l’assegnazione della casa familiare e l’assegno di mantenimento non c’è un nesso diretto, perché i presupposti di questi due diritti sono completamente diversi. Tuttavia, il legame sorge quando si esamina il profilo economico, cioè le situazioni patrimoniali e reddituali dei rispettivi coniugi, soprattutto con riguardo a quella del beneficiario della casa e anche del mantenimento.
È quanto avvenuto nel caso deciso dal tribunale di Torino che abbiamo menzionato all’inizio: qui, il collegio giudicante ha confrontato la situazione economica e reddituale delle parti in causa, valutando i redditi della moglie, beneficiaria dell’assegno di mantenimento, e del marito, obbligato a versarlo: i giudici torinesi hanno richiamato un risalente orientamento della Cassazione [3] in base al quale nella determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento si deve tener conto anche della disponibilità, in capo al beneficiario dell’assegno, della casa coniugale, che costituisce un’utilità patrimonialmente valutabile.
Quindi, i giudici torinesi hanno rilevato che la donna, pur disoccupata, per la sua giovane età ed il livello di istruzione ha una «capacità lavorativa» ed, inoltre, ha conseguito un «risparmio legato alla disponibilità della casa già coniugale, di proprietà del marito, e per la quale ella non sostiene spese abitative».
Va detto che questo orientamento non è consolidato in giurisprudenza e in altre occasioni, anche di recente, la Cassazione ha affermato la tesi contraria, sostenendo che in caso di assegnazione della casa coniugale il mantenimento resta intatto e non può essere ridotto per tale motivo. Dunque, di regola, la casa familiare non dovrebbe concorrere a determinare, e a tagliare, l’importo dell’assegno da versare all’ex coniuge.
Note:
[1] Trib. Torino, sent. n. 2923 del 10.06.2021.
[2] Art. 151 Cod. civ.
[3] Cass. ord. n. 4543/1998, n. 4203/2006 e n. 15333/2010.