Per la Cassazione è reato omettere di eseguire lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina se c’è un pericolo concreto ed effettivo per l’incolumità delle persone
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 25176/2021 conferma la decisione del Tribunale, che ha condannato due imputati per il reato di cui all”art. 677 c.p perché, non avendo eseguito le necessarie opere di messa in sicurezza dell”immobile di proprietà, come richiesto dal Sindaco, hanno messo in concreto ed effettivo pericolo l”incolumità delle persone che avevano accesso all”area circostante del fabbricato.
La vicenda processuale
Il Tribunale di Torino condanna due imputati alla pena di 2400 euro per il reato di cui all”art. 677 c.p che punisce chi omette di eseguire i lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, riconoscendo in loro favore le circostanze attenuanti generiche.
Il Tribunale ha accertato che i due imputati non hanno ottemperato a un’ordinanza del Sindaco, emessa per ragioni di pubblica sicurezza. Gli stessi infatti, proprietari di un immobile, non hanno eseguito le opere necessarie a metterlo in sicurezza al fine di evitarne la rovina e causare possibili danni a terzi.
E se non cӏ pericolo?
Gli imputati però, tramite comune difensore, ricorrono in Cassazione, sollevando i seguenti motivi:
Nel primo evidenziano l”illogicità e contraddittorietà della decisione in quanto le prove sono state valutare in modo erroneo in merito alla questione della causa di non punibilità per tenuità del fatto di cui all”art 131 bis c.p. Dalle testimonianze è emerso che i due proprietari nel corso degli anni avevano eseguire opere manutentive e avevano messo in sicurezza il bene attraverso l”apposizione di una rete metallica. Il giudice inoltre non ha tenuto conto del fatto che in realtà in una sola occasione si è verificata la caduta di tegole, tra l”altro senza arrecare pericolo all”incolumità altrui stante la distanza del bene rispetto ai fabbricati confinanti.
Nel secondo invece denunciano vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla quantificazione della pena che, nonostante le attenuanti generiche, è stata fissata in Euro 309,00 senza alcuna valutazione delle condizioni economiche del reo, che consentono al giudice di aumentare o diminuire ulteriormente la sanzione.
Aspetto, quello della quantificazione della sanzione nella misura di quasi otto volte il minimo edittale, che la difesa ribadisce nella memoria con cui replica alle osservazioni contenute nella requisitoria del Procuratore Generale della Cassazione.
La Cassazione dichiara i ricorsi inammissibili così motivando la propria decisione.
Manifestamente infondato il motivo con cui si lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non solo perché stimola valutazioni estranee al giudizio di legittimità, ma soprattutto perché il Tribunale ha ben motivato la sua decisione sul punto.
Lo stesso ha infatti riconosciuto un livello di “pericolo per le persone insito nella condotta illecita degli imputati” così elevato da non poter riconoscere la causa di non punibilità richiesta. Gli imputati hanno per lungo tempo trascurato la cura dell”immobile di proprietà, tanto che alcune tegole erano cadute sulla pubblica via e nel fondo vicino, abitato da un nucleo familiare (come provato tra l”altro da materiale fotografico prodotto in giudizio). Effettivo e concreto quindi per il Tribunale il pericolo che le persone che avevano libero accesso ai luoghi interessati potessero subire danni alla loro incolumità.
Non risulta ammissibile neppure il secondo motivo del ricorso in quanto il Tribunale ha ancorato la quantificazione della pena al carattere pericoloso della violazione, scelta che in sede di legittimità non è sindacabile. Per completezza la Cassazione precisa infine che, ai fini della quantificazione della pena: “le condizioni economiche del reo non configurando una circostanza del reato, ma solo un parametro per la quantificazione della pena, non devono essere previamente contestate dal pubblico ministero, ma devono essere provate (o almeno allegate) dalla parte processuale che ne invochi la valutazione.”
Peccato che nel caso di specie gli imputati hanno solo chiesto l”applicazione della causa di non punibilità di cui all”articolo 131 bis c.p., senza peraltro invocare la diminuzione ulteriore ex articolo 133 bis c.p., comma 2 e senza produrre o allegare elementi utili al giudice per valutare le condizioni economiche, se non l”ammissione al gratuito patrocinio citata solo in sede di ricorso. Evidente quindi che il Tribunale non aveva nessun obbligo di prendere in considerazione le condizioni economiche dell”imputato per la diminuente di cui all”articolo 133 bis c.p., comma 2, visto che non erano state nè allegate nè documentate dal difensore.