Cassettinaggio: pratica commerciale scorretta.

Cos’è il cassettinaggio, come viene messo in pratica e quali norme del Codice del Consumo e del Codice civile viola

Il cassettinaggio è una pratica a cui ricorrono le aziende che forniscono beni pubblici essenziali come l’acqua, tanto per fare un esempio. Essa consiste nel depositare nelle cassette delle lettere di tutti i singoli condomini, comunicazioni contenenti la minaccia di procedere al distacco della fornitura, senza esperire preventivamente, come prevede la legge, le iniziative finalizzate a recuperare il credito nei confronti dei soli condomini morosi, come vorrebbe la legge n. 220/2012 e senza effettuare, anche dove è tecnicamente possibile, la preventiva sospensione o disattivazione selettiva della fornitura che si riferisce al singolo condomino moroso.

La regola della preventiva escussione dei morosi

L’art. 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, così come modificato dalla legge di riforma del diritto condominiale n. 220/2012, stabilisce infatti che: “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.”

 

In base a questa regola il creditore è tenuto ad agire pertanto preventivamente nei confronti dei condomini che risultano effettivamente morosi nei suoi confronti e solo dopo e nei limiti in cui tale pratica si rivela infruttuosa può rivolgersi ai condomini che hanno già pagato.

Cassettinaggio: pratica aggressiva

La recente sentenza del Tar Lazio n. 7720/2021 (sotto allegata) definisce la pratica del cassettinaggio “scorretta” e “aggressiva” ai sensi degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo.

 

L’art. 24 in particolare considera aggressive tutte quelle pratiche commerciali che, tenuto conto delle caratteristiche e dei casi concreti “mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o e’ idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.”

Il successivo art. 25 invece, descrive nel dettaglio che cosa deve intendersi per minaccia, molestia, coercizione e indebito condizionamento del consumatore, evidenziando che a tal fine occorre anche considerare i seguenti elementi:

“i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;

il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacita’ di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;

qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata.”

Nel caso trattato dal TAR del Lazio la pratica è stata considerata scorretta ai sensi dei suddetti articoli 24 e 25 del Codice del Consumo perché la società, che dal primo gennaio 2002 è stata incaricata della gestione del servizio idrico integrato relativo a 4 province toscane, ha minacciato l’interruzione della fornitura dell’acqua nei confronti di tutti gli abitanti di un condominio, senza prima esperire le iniziative finalizzate a escutere solo i condomini morosi e senza metter in atto, anche dove possibile tecnicamente, la limitazione, la sospensione o la disattivazione selettiva, relativa ai soli condomini morosi, della fornitura di acqua.

La pratica è aggressiva quando stressa il consumatore

Il TAR Lazio nella sentenza chiarisce inoltre che la società è responsabile di pratiche commerciali scorrette perché ben consapevole dell’utilità del cassettinaggio ai fini del recupero. Tale pratica infatti si estrinseca in una forma di pressione e di coercizione sui condomini, anche su quelli che risultano in regola con i pagamenti, i quali, nella maggior parte dei casi, pur di non subire la riduzione o perdita della fornitura dell’acqua, finiscono con l’accollarsi il pagamento di spese che in realtà non gli competono.

Come evidenziato in sentenza: “le pratiche commerciali aggressive non sono necessariamente connotate dal ricorso alla violenza fisica o verbale, ma sono certamente accomunate dal fatto che il consumatore viene a trovarsi in situazione di stress che lo condiziona nel decidere e tale stress può essere determinato sia da condotte del professionista ripetute e irriguardose della volontà del cliente, sia dalla esistenza di vincoli contrattuali percepiti come opprimenti”. Questo perché, come chiarito in precedenza dal TAR Lazio nella decisione n. 9764/2020 il fornitore sfrutta nei confronti del consumatore la propria posizione di potere per esercitare una forma di pressione che ne limita la capacità di prendere una decisione consapevole.

Lascia un commento

Post Recenti

  • 0923 711979 - 347 0709326
  • info@avvocatogiuseppegandolfo.it
  • Via G. Garibaldi, 15 - Marsala

Seguimi su