Pignoramento TFR: Cassazione
Cessione del TFR, pignoramento e dichiarazione del terzo datore di lavoro: le ultime sentenze.
Indice:
1 Alla cessione del TFR dei lavoratori, sia pubblici che privati, non si applica il limite del quinto
2 Art 2917 cc
3 Pignoramento quote accantonate del trattamento di fine rapporto, sia esso privato o pubblico
4 Cessione del quinto dello stipendio ed estensione al TFR
5 Dichiarazione del terzo e pignoramento TFR
Alla cessione del TFR dei lavoratori, sia pubblici che privati, non si applica il limite del quinto
Alla cessione del trattamento di fine rapporto dei lavoratori non si applica il limite del quinto. Ciò vale sia nel settore pubblico, sia in quello privato. Ad affermarlo è la sezione lavoro della Cassazione all’esito di un’attenta disamina delle disposizioni del Dpr 180/1950 (Testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), alla luce delle modifiche apportate dal Dl 35/2005, convertito con modificazioni dalla legge 80/2005 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale).
La Suprema corte risponde positivamente al quesito se alla cessione del trattamento di fine rapporto fosse applicabile il limite del quinto previsto per gli stipendi dei dipendenti pubblici e afferma allo stesso tempo l’insussistenza di limiti o vincoli alla cessione del trattamento di fine rapporto. Secondo i giudici il limite del quinto si applica solo a quelle prestazioni che hanno carattere di continuità e non anche al trattamento di fine rapporto che è erogato in unica soluzione e che funge da “forma di garanzia per l’estinzione del debito contratto dal cedente”.
Cassazione civile sez. lav., 17/02/2020, n.3913
Art. 2917 c.c.
Ai fini dell’applicabilità dell’art. 2917 c.c. – il quale prevede che, se oggetto del pignoramento è un credito, l’estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione – ciò che rileva è la posteriorità del fatto genetico del credito opposto in compensazione, per cui, se questo è anteriore al pignoramento, la compensazione può essere utilmente eccepita ed è opponibile al creditore pignorante, non rilevando, invece, il fatto che esso si sia estinto per compensazione giudiziale soltanto dopo il pignoramento.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto operante la cd. compensazione impropria o atecnica tra il credito per retribuzioni e t.f.r. ed il risarcimento spettante al datore di lavoro in quanto fondato su fatto genetico – condotta illecita del lavoratore – anteriore benché giudizialmente accertato in epoca successiva al pignoramento avente ad oggetto il primo).
Cassazione civile sez. lav., 21/05/2019, n.13647
Pignoramento quote accantonate del trattamento di fine rapporto, sia esso privato o pubblico
Anche dopo la riforma del settore disposta con il d. lgs. n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l’azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c.; tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997.
Anche dopo la riforma del settore disposta con il decreto legislativo n. 252 del 2005, le quote accantonate del trattamento di fine rapporto, tanto che siano trattenute presso l’azienda, quanto che siano versate al Fondo di Tesoreria dello Stato presso l’I.N.P.S. ovvero conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili e devono essere incluse nella dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ.
Tale principio, valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio susseguente alle sentenze della Corte costituzionale n. 99 del 1993 e n. 225 del 1997.
Cassazione civile sez. VI, 25/07/2018, n.19708
Non sono impignorabili i fondi accantonati da un ente pubblico per il trattamento di fine rapporto dei propri dipendenti, non essendo l’indisponibilità degli stessi prevista da alcuna norma, e non potendo estendersi a essi né l’art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. e il d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, i quali presuppongono che il debitore escusso sia il dipendente, né l’art. 2117 c.c., il quale, nel dichiarare impignorabili i fondi speciali per l’assistenza e la previdenza, detta una norma di carattere eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica.
Cassazione civile sez. III, 20/02/2007, n.3964
In relazione alla disciplina dell’espropriazione presso terzi di cui agli art. 543 ss. c.p.c., la dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c. deve includere, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato debitore esecutato, l’indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità; qualora il terzo mantenga il silenzio in merito al trattamento di fine rapporto, dovuto per legge e di cui sono possibili anticipazioni soltanto parziali, la dichiarazione non va considerata come negativa, dovendo il giudice dell’esecuzione colmare la lacuna istruttoria in ordine al “quantum debeatur” chiamando il terzo a chiarimento onde ottenere risposta.
(Nella specie, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione aveva rigettato, considerando negativa la dichiarazione, l’istanza di assegnazione delle somme pignorate, mentre il tribunale aveva annullato detta ordinanza; la S.C. ha confermato detto provvedimento, rivedendone però la motivazione “ex”, art. 384, comma 2, c.p.c., con l’enunciazione del principio di diritto soprariportato).
Cassazione civile sez. III, 14/10/2005, n.19967
Le somme di denaro della p.a. possono essere considerate impignorabili soltanto per effetto di una disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo che nella legge trovi fondamento, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera iscrizione nel bilancio, in quanto, al di là dei caratteri di neutralità e fungibilità propri del denaro, al quale non può ritenersi connaturata una specifica destinazione, la funzione amministrativa non può svolgersi in contrasto col principio, sancito dall’art. 2740, comma 2, c.c., secondo cui le limitazioni della responsabilità patrimoniale del debitore sono di stretta competenza del legislatore.
Non sono quindi impignorabili i fondi accantonati da un ente pubblico per il trattamento di fine rapporto dei propri dipendenti, non essendo l’indisponibilità degli stessi prevista da alcuna norma, e non potendo estendersi ad essi nè l’art. 545, commi 3 e 4, c.p.c. ed il d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, i quali presuppongono che il debitore escusso sia il dipendente, nè l’art. 2117 c.c., il quale, nel dichiarare impignorabili i fondi speciali per l’assistenza e la previdenza, detta una norma di carattere eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica.
Cassazione civile sez. III, 26/07/2005, n.15601
Cessione del quinto dello stipendio ed estensione al TFR
Nel caso di cessione del quinto dello stipendio, effettuata dal dipendente di impresa concessionaria di un pubblico servizio di comunicazioni a titolo di rimborso di un finanziamento, il d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 non impedisce che, ove cessi il rapporto di lavoro prima del rimborso integrale del finanziamento, la cessione si estenda al trattamento di fine rapporto. (Fattispecie anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 311 del 2004, dall’art. 13 bis del d.l. n. 35 del 2005, convertito in legge n. 80 del 2005, e dall’art. 1, comma 346, della l. n. 266 del 2005).
Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, n.4465
Dichiarazione del terzo e pignoramento TFR
In relazione alla disciplina dell’espropriazione presso terzi di cui agli art. 543 ss. c.c., la dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell’art. 547 c.c. deve includere, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato debitore esecutato, l’indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, rilevando d’altro canto la garanzia del vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento, con riguardo alla possibilità per il lavoratore di ottenere delle anticipazioni su detto trattamento nel corso del rapporto.
Cassazione civile sez. lav., 03/02/1998, n.1049