La truffa – art. 640 c.p.
La truffa è il reato previsto dall’art. 640 c.p. che punisce chi, con artifici o raggiri, induce un’altra persona in errore per trarne ingiusto profitto
La truffa nel codice penale
Com’è punita la truffa
Truffa aggravata
La procedibilità
Truffa contrattuale
Truffa ai danni dello Stato
La Cassazione sul reato di truffa
La truffa nel codice penale
Si tratta di un delitto contro il patrimonio procedibile a querela di parte tranne che nelle ipotesi di truffa aggravata.
La condotta penalmente rilevante, posta in essere da chi commette il reato di truffa, si concretizza nel compimento di un artificio o un raggiro con il quale la vittima viene indotta in errore.
L’art. 640 del codice penale
Il testo della norma così dispone:
“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro.
La pena è della reclusione da 1 a 5 anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità;
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’art. 61, n. 5.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’art. 61, 1° comma, n. 7”.
L’artificio
L’artificio, in particolare, è il mezzo con il quale si fa apparire come vera una situazione che in realtà non è tale o si dissimula una circostanza in realtà inesistente. Attraverso l’artificio, in sostanza, la realtà esterna viene trasfigurata e camuffata.
Il raggiro
Il raggiro, invece, è posto in essere affermando il falso in maniera tale da convincere un’altra persona di una determinata circostanza, orientandone il comportamento in maniera fuorviante.
In generale, i comportamenti truffaldini (e quindi gli artifici e i raggiri) vengono comunque interpretati in maniera estensiva, ricomprendendovi tutte le dissimulazioni, le simulazioni e gli espedienti subdoli posti in essere per generare l’altrui errore.
L’induzione in errore
Altro elemento fondamentale perché si configuri il reato di truffa è rappresentato dall’induzione in errore di un soggetto terzo, per conseguire un ingiusto profitto patrimoniale.
A tale proposito va detto che i mezzi utilizzati dal truffatore per indurre altri in errore devono essere idonei a tal fine concretamente e non astrattamente e, quindi, considerando le situazioni di fatto, le condizioni psichiche e intellettuali della vittima e le modalità con le quali il reato è posto in essere.
Il danno e il profitto
L’induzione in errore non basta perché si configuri il reato di truffa se mancano due ulteriori elementi: il profitto dell’agente e il danno altrui.
Il profitto, in particolare, può essere di varia natura e avere quindi, a seconda dei casi, carattere patrimoniale, morale o affettivo. Il danno, invece, deve avere necessariamente natura patrimoniale e deve consistere in una lesione concreta e non solo potenziale (v. Cass. n. 1/1998).
L’elemento soggettivo
L’elemento soggettivo del reato di truffa è rappresentato dal dolo generico, diretto o indiretto.
Esso, quindi, è rappresentato dalla coscienza e dalla volontà di indurre taluno in errore con artifici o raggiri e, in tal modo, di determinarlo a compiere un atto di disposizione patrimoniale, con altrui danno e profitto ingiusto per il truffatore.
Com’è punita la truffa
La pena prevista dal nostro legislatore per il reato di truffa è rappresentata dalla reclusione da sei mesi a tre anni e dalla multa da cinquantuno a milletrentadue euro.
Truffa aggravata
In alcuni casi, tuttavia, la truffa è aggravata e la pena è quella della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro.
Si tratta, in particolare, delle ipotesi in cui il fatto che integra il reato è commesso:
a danno dello Stato o di un altro ente pubblico
con il pretesto di far esonerare qualcuno dal servizio militare
ingenerando nella vittima il timore di un pericolo immaginario
ingenerando nella vittima il convincimento, non vero, di dover eseguire un ordine dell’autorità
approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.
La procedibilità
La regola generale in tema di procedibilità del reato di truffa è rappresentata dalla querela della persona offesa, senza la quale, quindi, il colpevole non può essere perseguito.
In alcuni casi, giudicati più gravi dal nostro legislatore, il delitto in analisi è procedibile d’ufficio.
Si tratta delle ipotesi in cui la truffa è aggravata ai sensi dell’articolo 640 del codice penale o quando il reato patrimoniale cagionato alla vittima sia di rilevante gravità.
Truffa contrattuale
Quando il reo commette il reato in analisi attraverso un contratto si parla di truffa contrattuale.
Tale ipotesi particolare di truffa è caratterizzata dal fatto che l’azione delittuosa si svolge all’interno di un rapporto negoziale e si perfeziona non con la stipula ma con il verificarsi del danno per la vittima e dell’arricchimento del reo. A tale proposito, occorre chiarire che il profitto ingiusto e l’altrui danno non richiedono necessariamente la sussistenza di una sproporzione tra le prestazioni dell’uno e dell’altro contraente.
L’artificio o il raggiro possono consistere sia in un’azione posta in essere dall’agente per trasfigurare la realtà o far apparire come vera una circostanza che in realtà non è tale, sia nel silenzio in merito ad alcune circostanze che potrebbero determinare la volontà dell’altro contraente. La truffa contrattuale, pertanto, può essere integrata da un comportamento sia commissivo che omissivo.
Va infine precisato che, dal punto di vista delle tutele civilistiche, la truffa contrattuale può integrare un’ipotesi di dolo del contraente e, in quanto tale, può rendere il negozio giuridico annullabile. Ciò vuol dire che, nel termine prescrizionale di cinque anni, il truffato potrà rivolgersi al tribunale e chiedere l’annullamento del contratto stipulato solo a seguito degli artifici e dei raggiri dell’altra parte.
Truffa ai danni dello Stato
Un’altra ipotesi particolare di truffa è rappresentata dalla truffa ai danni dello Stato, che si concretizza quando il soggetto offeso dalla condotta delittuosa è rappresentato dallo Stato (o meglio, dalle sue casse).
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un soggetto che produca un falso certificato di laurea e, in tal modo, consegua l’abilitazione all’insegnamento e la successiva immissione in ruolo (Cass. n. 6360/1994) o all’ipotesi di un soggetto che, con artifici e raggiri, faccia risultare all’Inps la sussistenza di un rapporto di lavoro inesistente al solo fine di ottenere l’indennità di disoccupazione (Cass. n. 37892/2019).
Come accennato sopra, la truffa ai danni dello Stato è ricondotta espressamente dall’articolo 640 c.p. tra le ipotesi aggravate di truffa, punite con la pena della reclusione da 1 a 5 anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro.
Inoltre, per espresso rinvio operato dall’articolo 640-quater c.p., in caso di truffa ai danni dello Stato è sempre disposta anche la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, salvo che appartengano a persona estranea allo stesso. Quando essa non è possibile, è disposta la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore determinato secondo i criteri fissati dall’art. 322-ter c.p..
La truffa ai danni dello Stato non va comunque confusa con la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, punita dall’articolo 640-bis c.p. e posta in essere quando il fatto commesso dal truffatore riguarda “contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee”.
La Cassazione sul reato di truffa
Si riporta qui di seguito quanto statuito di recente dalla Corte di cassazione in alcune rilevanti sentenze in merito alla truffa.
Cassazione n. 49110/2019
Il delitto di truffa, nella forma cosiddetta contrattuale, si configura allorché l’agente pone in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. Nella truffa contrattuale l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato è costituito dal dolo iniziale, quello cioè che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtù dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria.
Cassazione n. 26936/2018
L’elemento soggettivo del delitto di truffa è costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l’inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall’agente come conseguenze possibili, anziché certe della propria condotta, e tuttavia accettati nel loro verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio.
Cassazione n. 25915/2018
L’eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di truffa per assicurare a sé o ad altri la percezione del profitto cui erano finalizzati gli artifizi e raggiri posti in essere, o comunque per guadagnare l’impunità, può essere ritenuto logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione del furto e, se realizzato, comporta la configurabilità nei confronti dei concorrenti nolenti del concorso anomalo ex art. 116 c.p., nel reato di rapina ascrivibile al compartecipe che se ne sia reso materialmente responsabile.