Malasanità: come far valere i propri diritti contro la struttura in caso di interventi chirurgici sbagliati o terapie errate che hanno causato lesioni o morte.
Sei stato ricoverato in una clinica convenzionata con il Servizio sanitario nazionale per un normale intervento, ma le cose non sono andate bene. L’operazione non è riuscita e hai riportato lesioni permanenti. Ora sei intenzionato a far valere i tuoi diritti e vuoi chiedere un risarcimento. In questo articolo, ti spiegheremo come fare causa alla clinica.
Innanzitutto, dovrai decidere se agire a livello penale, con una denuncia o una querela, oppure in sede civile. In questo secondo caso, dovrai individuare qual è il tribunale competente a decidere sulla tua domanda: ad esempio, cosa succede se ti sei operato in una struttura situata fuori dalla tua Regione di residenza? Poi, occorre sempre provare, con adeguata documentazione medico-legale, la natura e l’entità dei danni riportati in conseguenza dell’episodio di malasanità.
Ma procediamo con ordine e vediamo passo per passo come fare causa alla clinica che ha prestato cure sbagliate o inadeguate.
Indice:
1 Chi può fare causa alla clinica?
2 Causa alla clinica: qual è il tribunale competente?
3 Come intraprendere la causa contro la clinica?
4 Come dimostrare i danni?
5 La denuncia per malasanità
6 Le cliniche sono assicurate?
Chi può fare causa alla clinica?
Può agire in giudizio contro la clinica chi vi è stato ricoverato o temporaneamente ospitato ed ha ricevuto un danno alla salute provocato dalla negligenza, imprudenza o imperizia del personale sanitario della struttura.
Se il paziente è deceduto, possono agire in giudizio i suoi parenti più prossimi, come il coniuge, i figli ed i genitori, ai quali spetterà anche il risarcimento del danno parentale per la perdita della relazione affettiva con la vittima. Questo tipo di danno può essere riconosciuto anche ad altri familiari, come i nonni, gli zii e i nipoti, se dimostrano l’esistenza di un legame particolarmente intenso con la persona scomparsa.
Causa alla clinica: qual è il tribunale competente?
Chi si reca presso una clinica per ricevere prestazioni sanitarie stipula un contratto con la struttura che rende applicabile il “foro del consumatore” [1]: ciò significa che c’è una deroga agli ordinari criteri di procedura civile [2] in base ai quali occorrerebbe agire presso il tribunale competente in relazione alla sede della clinica, ed è, pertanto, possibile instaurare la causa nel tribunale del luogo di residenza del danneggiato.
La Corte di Cassazione [3] riconosce la validità del criterio del foro del consumatore anche per le cliniche private e convenzionate o meno con il Servizio sanitario nazionale, quando operano in regime privatistico; lo esclude, però, in casi particolari, come quello del paziente ricoverato in una struttura convenzionata con il Ssn in cui le prestazioni poste a carico del privato siano state marginali: nel caso recentemente deciso, il paziente aveva pagato solo la stanza di degenza, mentre il costo delle cure era stato sostenuto dall’Azienda sanitaria pubblica [4]. Quindi, è possibile agire presso il proprio tribunale solo quando il paziente ha pagato privatamente le prestazioni sanitarie fornite dalla clinica.
Come intraprendere la causa contro la clinica?
Per avviare un giudizio civile risarcitorio contro la clinica occorre l’assistenza di un avvocato. Il legale inizierà l’azione inviando una lettera di diffida alla struttura, esponendo i danni subiti dal paziente e chiedendo il risarcimento.
A volte, la struttura ammette la responsabilità e si instaura una trattativa per definire l’ammontare della somma da riconoscere al danneggiato; altrimenti, è necessario formulare un atto di citazione per avviare la causa civile, nel corso della quale saranno acquisiti i documenti e le testimonianze.
Nell’istruttoria, molto probabilmente, il giudice disporrà un’apposita consulenza tecnica medico-legale (Ctu) per stabilire l’entità delle lesioni, la sussistenza di una colpa professionale dei sanitari che hanno eseguito, o omesso, gli interventi e le cure e il nesso di causalità tra la colpa medica e i danni prodotti.
Il termine di prescrizione oltre il quale non si può più esercitare l’azione è di dieci anni, che decorrono dal momento in cui il danno si è manifestato ed è stato percepito dal paziente (dunque, tale momento può essere ampiamente successivo a quello del ricovero e delle dimissioni dalla clinica).
Come dimostrare i danni?
È opportuno, prima di iniziare la causa, munirsi di una perizia medico-legale di parte per dimostrare in giudizio la tipologia e l’entità delle lezioni subite (che sarà espressa in termini di punti di invalidità permanente) e l’errore medico compiuto, evidenziando quali sono state le scelte diagnostiche, chirurgiche o terapeutiche sbagliate dal personale della struttura sanitaria.
Occorre anche dimostrare il collegamento tra l’azione o l’omissione compiuta dai medici e la patologia che ne è derivata, in modo da dimostrare il nesso di causa-effetto. A quel punto, sarà la clinica a dover dimostrare che il danno è derivato da cause estranee ed indipendenti dalla condotta del suo personale sanitario.
La denuncia per malasanità
Se il fatto illecito compiuto dal personale della struttura integra un’ipotesi di reato, come l’omicidio colposo o le lesioni colpose, il danneggiato (o i suoi prossimi congiunti, se egli non è più in vita) potranno sporgere denuncia o querela.
In particolare, se l’errore medico ha provocato la morte del paziente, è sufficiente sporgere una denuncia alle autorità (Polizia di Stato, Carabinieri, Procura della Repubblica) perché il delitto di omicidio colposo è perseguibile d’ufficio.
Nel caso di lesioni personali colpose, invece, la vittima deve presentare una querela alle medesime autorità, entro tre mesi dal momento in cui ha avuto notizia del reato. La querela si differenzia dalla denuncia perché, oltre all’esposizione dei fatti e delle circostanze della vicenda, contiene la richiesta espressa di punizione del colpevole (che potrà essere individuato anche in un momento successivo: non occorre indicarlo nominativamente se il suo nome non è ancora noto).
A seguito della denuncia o della querela si instaurerà un procedimento penale e la Procura della Repubblica svolgerà le necessarie indagini. È opportuno intraprendere la strada penale, anziché quella civile, quando sono necessari accertamenti irripetibili, come l’autopsia sul cadavere o il sequestro delle cartelle cliniche.
Al termine delle indagini, se il pubblico ministero chiederà il rinvio a giudizio dei medici e degli operatori sanitari individuati come imputati, la persona offesa potrà costituirsi parte civile nel processo penale e chiedere in tale sede il risarcimento dei danni subiti. In caso di accertamento della responsabilità del medico e di condanna, il giudice potrà liquidare i danni direttamente in sentenza o, come più spesso avviene, demandarne la quantificazione al giudice civile.
Le cliniche sono assicurate?
La legge [5] impone non solo a tutti i medici a titolo personale, ma anche alle strutture sanitarie di ricovero e cura di qualsiasi genere, sia pubbliche sia private, di dotarsi di una polizza assicurativa sulla responsabilità civile: essa serve a copertura dei rischi derivanti dagli eventuali errori commessi in ambito professionale.
L’assicurazione della clinica copre anche i medici esterni che non sono dipendenti della struttura ma vi lavorano in convenzione o per contratto.
Note:
[1] Art. 33 D. Lgs. n.206/2005.
[2] Artt. 18, 19 e 20 Cod. proc. civ.
[3] Cass. ord. n. 22133 del 02.11.2016.
[4] Cass. ord. n. 16767 del 14.06.2021.
[5] Art. 10 L. n. 24/2017.