Donazione indiretta: rientra nella comunione dei beni la casa comprata con il denaro dei genitori?
L’acquisto della casa con donazione dei genitori potrebbe generare qualche perplessità in una coppia sposata in regime di comunione dei beni: ci si potrebbe cioè chiedere se l’immobile sia di entrambi i coniugi o solo del beneficiario della somma di denaro. Un esempio chiarirà meglio come stanno le cose.
Immaginiamo che Marcello e Romina si sposino in comunione dei beni. Un giorno, il padre di Marcello accredita sul conto di quest’ultimo una cospicua somma di denaro affinché questi possa comprare la casa e farne la residenza familiare. Dopo qualche anno, i due decidono di separarsi. Romina chiede che anche la casa, insieme agli altri beni acquistati dopo il matrimonio, venga divisa tra i due. È legittima la sua pretesa?
Vediamo come stanno le cose per la nostra legge: scopriamo cioè se l’acquisto della casa con la donazione dei genitori rientra o meno nella comunione legale tra marito e moglie.
Indice:
1 Cosa rientra nella comunione tra marito e moglie
2 Casa comprata con i soldi dei genitori: rientra nella comunione?
3 Casa in parte comprata con donazione dei genitori: è donazione indiretta?
4 Se ci sono figli la casa va all’ex coniuge?
Cosa rientra nella comunione tra marito e moglie
Nella comunione dei beni rientrano tutti gli acquisti fatti dai coniugi dal momento successivo alle nozze e fino all’eventuale fine del matrimonio, a prescindere da chi ne abbia sostenuto la spesa.
Non vi rientrano invece tutti i beni di cui i coniugi erano proprietari prima delle nozze nonché quelli pervenuti loro, anche dopo il matrimonio, da una donazione, da una successione ereditaria, da un testamento.
Così, ad esempio, se una donna si sposa, la casa che questa aveva comprato il giorno prima o che il padre le ha regalato il giorno dopo non viene divisa col marito.
Non rientrano altresì nella comunione i beni personali dei coniugi (come l’abbigliamento, un cellulare) e quelli necessari all’esercizio del proprio lavoro (ad esempio, un tablet o un computer). Ed infine non fanno parte della comunione i beni acquistati con il ricavato dalla vendita dei beni appena elencati. Così, ad esempio, se una persona riceve in donazione, da un genitore, un terreno e poi lo vende per comprare un appartamento, l’appartamento non rientra nella comunione.
Chiaramente, la coppia in comunione può sempre passare in regime di separazione dei beni così come può optare per tale soluzione già prima delle nozze, in tal caso non ponendosi affatto il problema. Nella separazione dei beni, come noto, ciascun coniuge resta proprietario di ciò che egli stesso ha acquistato con il proprio denaro anche dopo le nozze (fatta salva la possibilità, caso per caso, di cointestare singoli beni verificandosi, solo per questi, una comproprietà).
Casa comprata con i soldi dei genitori: rientra nella comunione?
È abbastanza chiaro, alla luce di quanto abbiamo appena detto, che se un genitore dovesse comprare una casa – o meglio versare i soldi al venditore – per poi intestarla al figlio, si tratterebbe di una donazione in favore di quest’ultimo, sicché l’immobile non rientrerebbe mai in comunione (abbiamo infatti appena detto che non passano in comunione i beni frutto di donazione).
Poniamoci invece nel caso in cui il genitore, anziché dare i soldi al venditore, affinché questi intesti la casa al figlio, esegua un bonifico sul conto del figlio stesso per lasciare che sia poi lui, materialmente, a pagare il venditore. In tale ipotesi, l’acquisto della casa con donazione dei genitori resta ugualmente escluso dalla donazione?
La questione è stata così risolta dalla Cassazione [1].
Il fatto di accreditare una somma di denaro in favore di un figlio affinché questi ne faccia un uso prestabilito (come appunto l’acquisto di una casa) configura un particolare tipo di donazione: la cosiddetta donazione indiretta. La caratteristica di tale donazione è che, al contrario di quella diretta, non richiede la presenza del notaio neanche se di valore elevato (peraltro non sconta neanche l’imposta di registro). Tuttavia, la natura di «donazione» non muta.
Stando così le cose, dunque, anche la casa comprata con i soldi donati da un genitore appositamente per tale fine non rientra nella comunione dei beni.
Di qui, il principio sancito dalla Cassazione: se il prezzo di acquisto di un appartamento è pagato dall’acquirente con denaro fornito dai suoi genitori come donazione, l’immobile non è soggetto al regime di comunione legale vigente nel matrimonio dell’acquirente.
Peraltro, non è neanche necessario che il coniuge dell’acquirente intervenga al rogito e si presenti dinanzi al notaio affinché tale acquisto resti fuori dalla comunione legale.
La Cassazione afferma dunque che l’intervento del coniuge non acquirente è indispensabile nel solo caso dell’acquisto di beni «di uso strettamente personale», di «beni che servono all’esercizio della professione» e di «beni acquisiti con il prezzo del trasferimento di beni personali» di uno dei coniugi, in quanto è solo in queste situazioni che il Codice civile impone che il coniuge non acquirente sia «parte» del contratto con il quale viene acquistato il bene escluso dal regime di comunione legale.
Casa in parte comprata con donazione dei genitori: è donazione indiretta?
Come abbiamo appena detto, l’acquisto di un immobile con il prezzo donato dai genitori è un caso paradigmatico di donazione indiretta. Ciò vale sia che il donante (il genitore) paghi tutto il prezzo, sia che ne paghi solo una parte. È questo il parere fornito dal 2019 dalla Cassazione [2]: secondo la Corte, nel caso di pagamento effettuato dal donante solo di una parte, l’acquisto si considera in parte donato (e quindi fuori dalla comunione per la corrispondente quota percentuale) e in parte acquistato; e pertanto soggetto, per tale quota, al regime di comunione legale.
Se ci sono figli la casa va all’ex coniuge?
Il fatto che la casa acquistata con il denaro donato dai genitori non rientri nella comunione non ne pregiudica però l’assegnazione all’ex coniuge a cui sono stati affidati i figli. In buona sostanza, se il giudice dovesse decidere di collocare i figli presso la residenza del genitore non proprietario dell’immobile, l’altro – per quanto la casa non faccia parte della comunione – dovrebbe comunque andare via sino a quando permane il diritto di abitazione del primo (ad esempio, finché i figli non vanno a vivere altrove o non raggiungono l’indipendenza economica).
Note:
[1] Cass. ord. n. 20336/21 del 16.07.2021.
[2] Cass. sent. n. 10759/2019.